Cultura

Necropoli di San Magno, replica dell’Archeoclub: «Non tutti i reperti si trovano al Museo»

La Redazione
Lo stato in cui versa oggi la necropoli di San Magno
«La nostra lettera alla Soprintendenza tende a chiarire e a recuperare il possibile, perché non esiste alcuna pubblicazione o relazione - a nostra conoscenza - che riguarda i reperti provenienti dalla necropoli» scrive Iacovelli
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«Sappiamo che nel Museo ci sono tanti reperti archeologici. Però, altre fonti ci garantiscono che non tutti i reperti sono ivi presenti e catalogati, tanto che nessuno li ha visti tutti, a quanto pare. La nostra lettera indirizzata alla Soprintendenza tende a chiarire e a recuperare il possibile, proprio perché non esiste alcuna pubblicazione o relazione – a nostra conoscenza – che riguarda i reperti provenienti dalla necropoli suddetta». Il presidente dell’Archeoclub, Michele Iacovelli, risponde così a Serena Petrone (collaboratrice esterna della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari) che ieri era intervenuta per fare delle precisazioni in merito alla richiesta dello stesso Archeoclub alla Soprintendenza, di restituire i reperti rinvenuti in contrada San Magno.

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La nota integrale.

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«L’Archeoclub d’Italia APS Sede di Corato constata felicemente l’intervento della collaboratrice esterna della Soprintendenza Archeologica, la quale ci “rammenta” che i reperti della necropoli di San Magno sono presenti nel Museo del Territorio. Ferma restando la sua dichiarazione, però, altre fonti ci garantiscono che non tutti i reperti sono ivi presenti e catalogati, tanto che nessuno li ha visti tutti, a quanto pare. Ci spiace far notare, però, che nessuno dei Coratini, noi compresi, eravamo a conoscenza di questo arcano, perché come al solito la “conoscenza” è dei pochi e non dei molti, cosa avversata categoricamente dall’Archeoclub.

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Orbene – chiarisce il presidente Iacovelli – la nostra lettera indirizzata alla Soprintendenza tende a chiarire e a recuperare il possibile proprio perché non esiste alcuna pubblicazione o relazione – a nostra conoscenza – che riguarda i reperti provenienti dalla necropoli suddetta. In sostanza, l’Archeoclub ha chiesto la “restituzione totale” (in comodato o in una qualsiasi altra forma prevista dalla vigente normativa) di tutti i reperti.

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Sappiamo che nel Museo ci sono tanti reperti archeologici, ma l’Archeoclub di Corato intende recuperare quel gap interpretativo e di studio scaturito da una visione soggettistica non solo dei reperti, ma anche del territorio. Infatti, non ci si spiega il perché di una risposta così diretta a una semplice richiesta cui dovrebbero rispondere le istituzioni. Il privato, benché collaboratore, dovrebbe convergere la propria energia anche su cose che sono state trascurate da tempo, come i siti della Colonnella e la ormai infestata e “invisibile” necropoli di S. Magno, ormai riconoscibile solo dalle coordinate geografiche indicate nel nostro libro sul sito archeologico. Voglio dire che se è vero che nel museo vi sono 90 reperti archeologici, è del tutto probabile che ve ne siano altri e l’Archeoclub non ha fatto altro che fare richiesta per porre attenzione sull’importanza vitale che ha questo Museo cittadino.

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La stessa collaboratrice, inoltre, dichiara che “la Soprintendenza ha concesso, con prot. n. 3954 del 14/11/2014, l’autorizzazione al deposito temporaneo presso il Museo civico”. Anche di questa notizia, peraltro a noi già nota, siamo felicissimi e, sinceramente, non capiamo dove sia la polemica che, forse, non andrebbe interpretata come uno psicodramma, ma come un momento di chiarezza. E fino ad ora, chiarezza non ci è mai stata.

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Forse sfugge a certi collaboratori che l’Archeoclub ha tra i soci diversi avvocati, archeologi e geoarcheologi specializzati, per cui non serve alcuna lezione sul diritto e sui testi relativi ai beni culturali. Anzi, nell’ottica di rendere più concreta la fruizione e di non rendere soggettivo il revisionismo storico e il percorso museale a cui si vuol far riferimento, l’Archeoclub si rivolge costruttivamente a una revisione del patrimonio culturale affinché sia creata una rete, tutt’ora inesistente, fra oggetti esposti, oggetti “invisibili” ed eventuali oggetti da recuperare. Noi ce lo siamo chiesto e abbiamo posto in essere una richiesta “ufficiale” agli enti preposti, gli unici a rispondere realmente – sempre che vogliano farlo – a un’associazione come l’Archeoclub d’Italia.

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Un’ultima considerazione va fatta a proposito della “lezione” sottolineata “con fermezza” dalla collaboratrice della Soprintendenza: i reperti, quale oggetto di cultura materiale (e, se vogliamo, immateriale sotto l’aspetto etno-antropologico), non sono oggetti atti all’autocelebrazione, ma alla fruizione e all’utilizzo del pubblico, termini che possono sembrare desueti di questi tempi, ma ricchi di numerose prospettive».

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martedì 2 Febbraio 2021

(modifica il 3 Agosto 2022, 10:49)

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