L'intervista

Ivana Lotito in “Romulus”: «Il mio ricordo dell’ultimo grande set libero dal Covid»

Marianna Lotito
Marianna Lotito
Ivana Lotito e Sergio Romano
«Gala è un personaggio diverso da tutti quelli che ho interpretato fino ad ora, per vestire i suoi panni ho dovuto azzerare la conoscenza di atteggiamenti culturali e comportamenti mutuati da ciò che osserviamo ogni giorno»
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C’è anche Ivana Lotito tra i protagonisti di “Romolus”, la serie tv firmata Sky Original – la cui prima puntata è andata in onda venerdì scorso – in cui si va alla scoperta della nascita di Roma come non è mai stata raccontata prima. Come ha spiegato il regista Matteo Rovere, la serie è ambientata nell’ottavo secolo prima della nascita di Cristo, in un universo «primitivo e brutale in cui il destino di ogni uomo viene deciso dal potere implacabile della natura, tutto è sacro e gli uomini sentono ovunque la presenza misteriosa e ostile degli dèi».

Un racconto di guerra, fratellanza, passione, coraggio e paura, realizzato con un grande impianto scenico e due intere città meticolosamente ricostruite sulla base di ricerche storiche documentate, con migliaia di figurazioni, quasi mille presenze stunt e centinaia di armi riprodotte.

Cosa rappresenta per te “Romulus”?
«Oltre alla grande esperienza lavorativa di cui avrò modo di raccontarvi» spiega Ivana Lotito – è purtroppo l’ultimo ricordo di un grande set libero dal Covid e da tutte le limitazioni che l’emergenza sanitaria impone. Lo abbiamo girato da maggio a dicembre del 2019 con un cast infinito, è un progetto grandioso che con il Covid sarebbe stato forse impossibile realizzare».

Nella serie tu sei Gala, cosa puoi dirci di lei?
«Di sicuro è un personaggio diverso da tutti quelli che ho interpretato fino ad ora. È una donna che in tutto il suo percorso davvero vive delle condizioni molto diverse l’una dall’altra, conosce un universo di sentimenti molto ampio. Gala è moglie di Amulius e madre di Ilia, protagonista femminile della storia. Ilia è una vestale, da piccola è chiamata a vegliare sul fuoco nel tempio di Vesta ed in seguito ad una notizia per lei dolorosa trasforma questo sacerdozio in altro e vive una completa trasformazione. Amulius è il fratello di colui che, all’inizio del racconto, era il re dei trenta popoli di Alba Longa. Durante lo svolgimento del racconto sarà lui a diventare re, soprattutto perché vittima dell’influenza di Gala. Da donna molto ambiziosa, Gala incarna la volontà di conservare il potere che gli permette di avere autorità e vivere nell’agio. Vuole che suo marito sia un uomo forte e di potere. Anche se le donne all’epoca non avevano alcuna rilevanza, erano oggetti nelle mani prima dei padri e poi dei mariti, Gala e sua figlia ritraggono due donne fortissime che il potere se lo prendono.

Gala lo fa esercitando un’influenza enorme sul marito: loro si amano, lei adora quest’uomo e vuole che sia vincente, potente; cerca di fargli fare di tutto per mantenere il suo potere, anche interpretando la volontà degli dei in una direzione forse opposta a quella che sembrerebbe. Da un certo momento in poi, non a caso, lei inizia ad avere il terrore che gli dei possano rivendicarsi contro di lei. Gala è talmente calcolatrice e strategica da superare l’istinto materno, sarebbe disposta a sacrificare la figlia pur di mantenere il potere, soprattutto quello di suo marito. La presenza fisica di suo Amulius le dà benessere. La fisicità è qualcosa di molto importante nel loro rapporto, all’epoca era un modo di comunicare. All’inizio Gala utilizza la sua sessualità come strumento di determinazione degli eventi, in un secondo momento la situazione cambia notevolmente e – come potete immaginare – non posso svelarvi altro».

Diversamente da altri personaggi che hai interpretato, per Gala non avevi la possibilità di compiere studi di tipo filologico. Come sei riuscita a “indossare le sue vesti”?
«Sia io che i miei colleghi abbiamo lavorato sugli archetipi, siamo andati alla ricerca delle pulsioni primitive. “Romulus” racconta un popolo che non aveva sovrastrutture culturali come quelle che possiamo avere noi oggi. Per interpretare i nostri personaggi abbiamo provato ad azzerare la conoscenza di atteggiamenti culturali e comportamenti mutuati da ciò che osserviamo nella nostra contemporaneità. Abbiamo provato ad affidarci all’istinto. Questa era gente che classificava tutto ciò che era ignoto (l’istinto, l’ambizione, il sentimento, la gelosia) nella sfera del divino, come qualcosa di inspiegabile e delegata alla volontà degli dei.

Nella costruzione del personaggio convivono queste due istanze, l’istinto e il divino. Siamo agli albori della costruzione di un comportamento. I personaggi vivono di archetipi universali e in fondo, nell’animo, quando si tratta di sentimenti non sono così dissimili da noi. Lo erano nelle abitudini. Non sapevamo come si svolgessero i rituali, i funerali, i saluti, le cerimonie, come facessero la doccia, come mangiassero: molte cose le abbiamo inventate, necessariamente. È stata per tutti noi un’occasione di creatività e collaborazione con la regia. Siamo stati molto aiutati dalla scenografia, dai costumi, dal trucco, dalle acconciature. La ricostruzione dei villaggi e delle abitazioni per noi è stata di grande supporto, come vedrete è realizzata in maniera stupefacente.

Io sono stata fortunata perché il mio personaggio non aveva necessità di fare quello che hanno fatto tutti gli altri: i miei colleghi hanno dovuto allenarsi tanto anche per i combattimenti e per andare a cavallo; abbiamo recitato nel fango, al freddo, sotto la pioggia, vera e finta. Interpretando una donna appartenente ad un “ceto alto”, alla famiglia regnante – sebbene non esistesse all’epoca una vera stratificazione di ceti sociali – avevo il privilegio di abitare in luoghi “fortunati”, più confortevoli».

Gala assomiglia a Ivana?
«Tutte le volte che noi attori interpretiamo un personaggio dobbiamo mettere in campo qualcosa che ci appartenga, altrimenti la nostra interpretazione non sarà mai veritiera, risulterà finta. Siamo chiamati a dare all’idea del personaggio quello che noi esseri umani abbiamo esperito nella nostra esistenza: riconosco in lei la mia capacità di stare in silenzio, di osservare e di agire poi in un secondo momento; riconosco la rabbia, l’istintività, la fragilità».

E adesso? A cosa stai lavorando?
«Sto per girare la quinta, ed ultima, serie di Gomorra. Speriamo che il Covid ci permetta di arrivare al termine delle riprese, di sicuro nulla è come prima. Siamo costantemente monitorati anche a livello sanitario, le precauzioni sul set sono tantissime e solo la forza di una produzione come quella di Gomorra permette di andare avanti. Tutto è più faticoso ma c’è tanta voglia di resistere e di lavorare, cerchiamo di fare meglio di quello che abbiamo sempre fatto.

Per il resto, com’è noto, il nostro è un settore gambizzato, tenuto fuori da tutto. Come se non fosse utile alla società. Adesso è un lusso poter aver degli impegni lavorativi. I cineasti, come i teatranti, si stanno facendo sentire: com’è ampiamente dimostrato del cinema, del teatro, dell’arte in genere, si ha bisogno soprattutto nei momenti difficili come quello che stiamo vivendo. Speriamo bene per tutti».

lunedì 9 Novembre 2020

(modifica il 20 Luglio 2022, 18:38)

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Felice Fontanella
Felice Fontanella
3 anni fa

Orgoglio coratino! Complimenti Ivana e un grande in bocca al lupo per te e tutti i tuoi colleghi e collaboratori! Brava!