Spettacolo

“La città dei miti” di Borgia scuote la coscienza della società

Angela Iannone
"La città dei miti" di Borgia scuote la coscienza della società
Il teatro di Gianpiero Borgia ha la straordinaria capacità di insediarsi nei meandri dell'anima degli spettatori
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Il teatro di Gianpiero Borgia ha la straordinaria capacità di insediarsi nei meandri dell’anima degli spettatori. Si insinua come una lama affilata, estraendo le più sottili e sconosciute emozioni ormai assopite da una realtà contemporanea grigia, meccanica, amorfa.

In un momento di profonda crisi per il teatro e la cultura italiana, il progetto teatrale de “Città dei Miti”, una produzione di Teatro dei Borgia in collaborazione con Centro Teatrale Bresciano e Festival delle Colline Torinesi e realizzata con il supporto e la collaborazione al progetto sociale di Cooperativa La Rete di Brescia e con il sostegno della Regione Puglia, andato in scena i giorni 8 e 9 settembre a Corato, si presenta come una bottiglia di vino rara e preziosa stappata in una speciale occasione: il ritorno a teatro, o meglio, il ritorno del teatro tra le persone, fatto di storie di persone, quelle che “normalmente” emarginiamo, abbandoniamo, disprezziamo.

Inquadrati e riletti in un momento storico particolare, i miti greci de l’Eracle, Medea di Euripide e Filottete di Sofocle, mettono in risalto alcuni aspetti della nostra realtà, quali “la tragedia della paternità”, “la tragedia della vecchiaia” e la “tragedia dello straniero”, che la drammaturgia firmata da Fabrizio Sinisi e diretta da Gianpiero Borgia sa mirabilmente riportare alla luce ed esaminare con coscienza critica, costruendo un’analogia tra i personaggi simbolo del mito e il corrispettivo iconico del presente. E così i miti rivisitati e riproposti diventano: “Eracle, l’invisibile”, “Filottete, dimenticato” e “Medea per strada”.

«La Città dei Miti – evidenzia Gianpiero Borgia, accogliendo gli spettatori presenti –è il frutto di un percorso creativo teatrale che si costruisce attraverso le esperienze di studio e ricerca degli artisti sul campo, grazie al dialogo con la cittadinanza e con i numerosi soggetti che a livello istituzionale, culturale e sociale lavorano sul territorio nell’ambito del sostegno al disagio. Argomenti molto cari al Teatro dei Borgia, da sempre proteso in un forte impegno civile con il linguaggio dei classici.»

Eracle invisibile, con Christian Di Domenico

Il Laboratorio Urbano Open Space diventa una cucina della Caritas di Milano. Dei tavoli, con dei cesti che vengono pian piano riempiti con dei sacchetti contenenti cibo di prima necessità: del pane abbrustolito, la cui fragranza inonda la stanza e contribuisce a trasportare gli spettatori nel vivo della storia; delle mele, del tonno e dell’acqua. C’è anche una radio accesa come sottofondo. Tra canzoni del momento e news sull’aggiornamento del Coronavirus enfatizza l’attualità della storia di Eracle. Gli spettatori assistono al racconto doloroso della vita del protagonista, un uomo, un insegnante di lettere, un marito e un padre che per un evento imprevisto di cui viene falsamente accusato, perde tutto, casa, lavoro, famiglia, carriera… dignità.

Tuttavia, resta salda una certezza: il rapporto con sua figlia Laura. A tener vivo quel legame saranno gli sguardi fugaci, ma intensi scambiati di nascosto all’uscita di scuola, perchè si sa com’è la legge italiana, nella separazione tra due persone i soldi del mantenimento decretano il valore dei rapporti famigliari e se non ci sono quelli, i figli sono allontanati dal padre. Ma Eracle no, lui userà tutti i suoi ultimi risparmi per il karaoke della domenica con Laura, unica occasione per poter stare con sua figlia. Ogni bambina vede in suo padre un supereroe, a confermarlo quelle magliette di Batman, Capitan America, IronMan, Thor, Flash e Superman sfilate una dopo l’altra dall’attore, sotto le note di Quanno chiove di Pino Daniele. Sei magliette, tante quante le settimane che restano al protagonista per vivere quegli ultimi momenti speciali con sua figlia, fino a che i soldi finiscono del tutto. Quella macchia sul suo curriculum, impedisce ad Eracle di lavorare altrove.

La poesia sarà sempre l’ unica e fedele amica di Eracle, la sua metafora di vita, che lo accompagnerà anche quando esorterà i suoi compagni senzatetto della Caritas cittadina ad inventare frasi alternative e creative da scrivere sui cartoni per l’elemosina. Commovente, struggente, magnifica l’interpretazione dell’attore Christian Di Domenico che con mirabile maestria, racconta la sua storia mentre riempie i sacchetti della mensa.

È facile diventare poveri, basta iniziare”, ma ciò che è arrivato agli spettatori è un profondo messaggio di speranza, speranza a guardarsi intorno con altri occhi, più consapevoli, più comprensivi. Dietro ognuno di quei senzatetto, c’è sempre una storia.

Filottete dimenticato, con Daniele Nuccetelli

Nella seconda tappa de “Città dei Miti”, il Teatro del Laboratorio Urbano diventa una stanza di una R.S.S.A. È questa l’Isola di Lemno su cui viene abbandonato Filottete, un anziano affetto da demenza e condannato all’emarginazione e all’isolamento dalla comunità prima e dalla famiglia poi. Era un attore, prima che gli fosse stata inflitta quella “ferita”: “un nemico che cancella tutto ciò che c’è intorno. Non si vede da fuori, ma ogni volta ti fa perdere qualcosa”.

Il silenzio, la rabbia, la sofferenza, il doloroso senso di abbandono e la dannata incapacità di capire il motivo per cui i suoi figli non lo vedano più come prima, diventano le assolute protagoniste dello spettacolo, che anche stavolta penetrano come lance affilate nelle coscienze degli spettatori, grazie alla mirabile esegesi di Daniele Nuccetelli.

Il doloroso monologo del Filottete è intervallato da piccoli momenti di “sollievo”: lui dimostra che sta bene e balla, sorride, conversa con il suo fedele amico Bill, un pesciolino rosso. L’unico essere vivente, ormai, che dalla sua boccia d’acqua guarda il suo padrone e condivide con lui eloquenti silenzi. “Mi portate con voi?”, chiede spesso Filottete interagendo con il suo pubblico che sta aldilà dei vetri in plexiglass, che oltre a designare una chiara distanza nel rispetto delle distanze del decreto, sono una chiara metafora dell’impossibilità di raggiungere e comprendere pienamente quel profondo ed indescrivibile dolore di chi, affetto da una malattia neurodegenerativa, viene abbandonato nelle strutture sanitarie. “Siamo troppo concentrati sui soldi e sulle nostre ambizioni”, ripete Filottete, mentre sulla tv scorrono imperterrite programmi sulla crisi del governo italiano. Non sappiamo più guardare ormai quel dolore incessante che attanaglia le vite di quegli anziani abbandonati a se stessi nelle strutture, forse non sappiamo più guardarci, né scavarci dentro, perchè sono i click e i like a decidere il valore di una persona.

Infatti, alla fine come un deus ex machina, Eracle (lo stesso Christian Di Domenico) giunge nella stanza di Filottete e lo porta via. La realtà è questa, non cambierà finchè non inizieremo a guardarci dentro.

Medea per strada, con Elena Cotugno

La trilogia de “Città dei Miti” culmina con Medea per strada, spostandosi presso Piazza Molino Casillo zona Industriale. Il tradizionale e caratteristico furgoncino del ’94 su cui normalmente si svolgeva lo spettacolo funge solo da scena, ma l’encomiabile interpretazione di Elena Cotugno immerge letteralmente gli spettatori nella storia di Medea, una giovane migrante rumena, finita nel racket della prostituzione per amore di “Giasone” un uomo da cui pensa di essere ricambiata e da cui ha due figli.

La nostalgia del suo paese, la sua voglia di riscatto nei confronti di una vita che l’ha privata della possibilità di realizzare i suoi sogni, l’arresa nei confronti di un’Italia che estirpa da queste donne la loro bellezza e dignità trasformandole in merci del sesso, fanno di Medea una donna assetata di vendetta.

Struggente, vera, forte e perspicace, la Medea di Elena Cotugno commuove, annienta ogni aspettativa degli spettatori che, anche dopo lo spettacolo, faticano ad uscire dalla scena, troppo scossi da una storia che si ripete ogni giorno, sulla statale del nostro paese, sotto gli occhi noncuranti dei passanti. Elena Cotugno non solo interpreta e si immedesima, ma convive con quelle donne di cui ha ascoltato le storie, e coincide con le stesse, portando l’immaginario nel reale, e il reale nell’immaginario. Medea non è solo una clandestina costretta a diventare una prostituta, ma è una donna che umiliata, reagisce. Chi siamo per privare a qualcuno della sua libertà?

La Città dei Miti è uno straordinario lavoro di cui la comunità coratina deve essere grata al regista teatrale Gianpiero Borgia, che nella confusa situazione socio-politica in cui il nostro paese è immerso, è riuscito ad innescare intuizioni che l’interpretazione degli attori, il flusso delle parti recitate, le metafore, le storie raccontate riprendono e dilatano, aprendo passaggi segreti nei meandri del cuore.

Dopo Corato, la trilogia toccherà la città di Barletta, dal 10 al 13 settembre con il “Festival Terre Promesse – Il Trasporto dei Miti”, quattro giorni di spettacoli in centro e nelle zone periferiche cittadine.

venerdì 11 Settembre 2020

(modifica il 20 Luglio 2022, 21:46)

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teresa de meo
teresa de meo
3 anni fa

condivido questo articolo dove la descrizione di questi tre momenti ti fanno vivere la scena del teatro, la tristezza , l' allegria ti portano a riflettere su una realtà a volte dimenticata, la bravura degli attori è incomiabile . Aver avuto l' opportunità ad assistere a una delle tre opere d' arte si chiama fortuna . Forza staff del teatro Borgia .