Spettacolo

“Miseria e nobiltà”, Lello Arena fa il “tutto esaurito” in teatro

Angela Iannone
"Miseria e nobiltà"
La rappresentazione è andata in scena giovedì sera sul palco del Comunale, in occasione del quarto appuntamento della stagione organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese
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Una rivisitazione degna del “tutto esaurito” quella di “Miseria e nobiltà” andata in scena giovedì sera sul palco del Comunale, in occasione del quarto appuntamento della stagione organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese.

La celebre commedia in tre atti di Eduardo Scarpetta, rivisitata con successo a teatro da Eduardo De Filippo e, al cinema, da Totò nella famosa versione a colori di Mario Mattoli nel 1954 con Sophia Loren e Carlo Croccolo, resta un pilastro della comicità italiana e della drammaturgia napoletana.

L’adattamento teatrale firmato da Luciano Melchionna e Lello Arena – in cui Melchionna è anche regista e Lello Arena il protagonista Felice Sciociammocca – i personaggi diventano prototipi, si fanno portavoce di una tradizione che rispecchia totalmente la realtà, in cui i poveri sono sempre più poveri e i ricchi, allo stesso modo, nella loro sconfinata miseria interiore, sempre più ricchi.

Il sipario si apre su una scenografia nuova, originale, impregnata di suggestione visiva. Gabbie simboliche, che evocano dei sotterranei in cui si svolge la prima parte della storia, vedono protagonista assoluta la miseria, anche spirituale, dei protagonisti, nella quale proliferano e lottano per la sopravvivenza uomini e donne perennemente digiuni. Qui, in un tugurio tra rifiuti e sporcizia, vivono Felice Sciosciammocca e l’amico Pasquale con le loro rispettive famiglie.

L’esuberanza registica diviene un serio percorso ad ostacoli per gli interpreti, che devono scavalcare, attraversare, strusciare materialmente cercando il proprio spazio attraverso la struttura di ferro. Ogni dinamismo è ostacolato, sia dal punto di vista fisico, sia spirituale. La fame, la disperazione, la paura non mostrano alcuna via di fuga, vi è solo la speranza di racimolare degli spiccioli impegnando qualcosa ogni giorno.

A dare una svolta “fortunata” alla disgrazia della famiglia, il giovane nobile Eugenio Favetti, innamorato di Gemma, una famosa ballerina e figlia di Gaetano, un cuoco arricchito. Il “marchesino” chiede a Pasquale di aiutarlo a fingere di essere la sua famiglia per un giorno per convincere il padre della fanciulla ad acconsentire al matrimonio.

Ed è così che il secondo atto vede un cambio di scena: l’elegante casa di Gaetano, cuoco incolto e sempliciotto, diventa metateatro della farsa, tra irriverenza e ostentazione. Questa volta è l’apparenza a dominare la scena.

La scenografia della reggia è rialzata rispetto al palco. Sotto, Luisella continua a maneggiare roba vecchia e logora, metafora della miseria sempre all’opera. Una miseria vera, disperata, parallela e contemporaneamente opposta a quella sopra, impregnata di bugie e miseria umana.

Dopo 131 anni dalla prima messa in scena, “Miseria e nobiltà” riscuote ancora uno strepitoso successo e continua a far ridere. In una nota di regia Luciano Melchionna afferma: «Questi due estremi della miseria e della nobiltà sono l’uno funzionale all’altro. O meglio, la nobiltà (che poi non ha niente di nobile”) si poggia sulla povertà e senza di essa verrebbe giù tutto. E, infatti, viene giù tutto».

Per Lello Arena, ciò che fa ridere del testo è il fatto che, a distanza di tempo miseria e nobiltà non sono affatto sparite dal nostro orizzonte, ma continuano ad esistere e, anzi, si sono acuite, per questo la gente non può che riderne.

sabato 18 Gennaio 2020

(modifica il 21 Luglio 2022, 8:15)

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