Spettacolo

Al Comunale torna “Il teatro dei Borgia”

La Redazione
Medea sulla statale
Due spettacoli in programma, da oggi fino a domenica "Medea per strada" e "Cabaret Sacco e Vanzetti"
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Tornano al Comunale gli spettacoli di cui firma la regia Giampiero Borgia. Da oggi, fino a domenica 16 sarà possibile assistere alla messa in scena di “Medea per strada”, con la drammaturgia di Elena Cotugno e Fabrizio Sinisi e la scena firmata da Filippo Sarcinelli.

Sempre domenica è in programmazione “Cabaret Sacco e Vanzetti”, con Raffaele Braia e Valerio Tambone. La scrittura è di Michele Santeramo.

“Medea per strada”. Il progetto Medea sulle strade d’italia rivela allo spettatore la “tragedia dello straniero” con la forza del mito greco. Si racconta la storia di una giovane migrante, scappata dal proprio paese, arrivata in Italia e finita a prostituirsi per amore di un uomo da cui si crede ricambiata e da cui ha due figli. Un lavoro esperienziale che invita il pubblico, sette spettatori per volta, a salire su un vecchio furgoncino e percorrere un itinerario assieme a una donna rumena. È una madre, una straniera, la chiamano Medea.

«Abbiamo provato a leggere e a raccontare oltre la superficie la storia di alcune migliaia di esseri umani, partiti dai loro paesi con un sogno che all’arrivo qui in Italia si è rivelato un incubo. Nel grande mare del tema delle migrazioni, abbiamo messo a fuoco il fenomeno che riguarda quelle donne straniere, sconosciute eppure in qualche modo famigliari come elementi dell’arredo urbano cui siamo abituati, che popolano le nostre strade. Donne partite alla ricerca di una vita migliore e invece ritrovatesi nel racket della schiavitù della prostituzione» scrive Borgia.

“Cabaret Sacco e Vanzetti”. L’immigrazione, il pregiudizio razziale, la giustizia sono temi che solcano la contemporaneità e scuotono le coscienze di tutti. Per questo il Teatro dei Borgia, nel solco del proprio impegno sul fronte dell’arte civile, decide di raccontare la vicenda dei due migranti italiani, vittime simbolo di ogni discriminazione e ingiustizia. Il lavoro poggia su due attori istrionici e infaticabili che, da soli, senza l’aiuto di trucchi o artifici scenici, recitano, danzano, cantano a cappella e narrano le tappe della vicenda giudiziaria, inquadrandola nello scenario storico-politico del tempo. Ma, soprattutto, rivivono gli scontri, l’amicizia e i sette anni di carcere di due uomini soli. Attraverso le armi del teatro il corpo dei due attori tenta di sottrarre questa storia alla trappola della retorica e del melodramma, in cui è facile cada, e di restituirla così al piano del mito.

venerdì 14 Dicembre 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 3:40)

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