Tanto tuonò che alla fine non piovve, se non in una grigia domenica di questo maggio che sembra novembre.
Il lungo lunedì dello spoglio conferma le previsioni della vigilia. Il ballottaggio sarà un affare tra il centrodestra di Pasquale D’Introno e il Polo di centro di Claudio Amorese. Ma è stato uno sprint a quattro fino a sera inoltrata, con un centrosinistra tafazziano che si ferma a 293 voti (la forbice tra Amorese e De Benedittis) dall’appuntamento col 9 giugno.
Dodici è invece la distanza grottesca di preferenze tra il professore di filosofia e Vito Bovino, una linea quasi invisibile con cui gli elettori puniscono amaramente due dei tre artefici della rottura a sinistra. I progressisti al palo potrebbero far precipitare l’affluenza tra due settimane, visto che già in questa tornata un coratino su tre è rimasto a casa (affluenza al 65,8%).
Un’anomala campagna elettorale sfocia così in uno scrutinio lumaca. Nove aspiranti sindaco, 24 liste (meno due escluse), la carica di 556 candidati al Consiglio comunale (ed erano oltre 600), schieramenti spaccati e avvicinamento lento rianimato dagli ultimi giorni al veleno. Poi il voto bagnato e uno spoglio con il contagocce. L’ultima sezione ad alzare bandiera bianca è stata la 27 del “Cifarelli” dopo le tre di notte. L’election day con le Europee ha prodotto un livello altissimo di confusione per elettori e scrutatori, tra voti contestati e preferenze nulle (591).
Ne è venuto fuori un drago a quattro teste che ha tenuto la città sospesa nel limbo per ore. La spunta Pasquale D’Introno, avanti di 97 voti su Amorese. Una progressione lenta ma costante per il candidato uscito dalle primarie, trainato da Direzione Italia, primo partito della città con il 9.2%. D’Introno ottiene 199 voti in più rispetto alle tre liste che l’appoggiavano, zavorrate dall’assenza di Forza Italia e Lega (bene FDI con il 5.3%).
La prima coalizione è il Polo di Centro, con le 5 liste (trainate dall’Udc al 7.1%) per Amorese che collezionano 5.220 voti, ben 563 in più rispetto al candidato. Un dato su cui ragionare in vista del ballottaggio.
Iniziano così i tredici giorni che li separano dal secondo turno di giugno. Una caccia all’ultimo voto in cui non sono da escludere eventuali nuove alleanze, anche alla luce anche degli ammiccamenti verbali rivolti dai due alle minoranze già in fase di analisi del risultato.
A sinistra, invece, hanno celebrato le primarie con due mesi di ritardo. E subito è ricominciata la resa dei conti, nessuno escluso. Dai social alla piazza reale.
Il voto disgiunto è uno degli elementi che spiega il boom di Corrado De Benedittis il quale, un po’ a sorpresa, si colloca sul gradino più basso del podio, dopo aver condotto le danze per gran parte del pomeriggio. Se Rimettiamo in moto la città e Demos prendono insieme 3.079 voti, il solo nome del docente liceale ne aggiunge altri 1.285. Un patrimonio da non disperdere per il futuro, ma che deve portare a una riflessione comune a tre sulla guerra tra poveri combattuta in casa.
Vito Bovino si ferma a 4.352 voti (+269 sulle sue liste, bene la lista Bovino Sindaco al 6,8%), potendo recriminare sullo scarso risultato ottenuto dal Pd (3,8%, nel 2014 era all’11,2%). Ancora più in basso Paolo Loizzo con il 7,3%, fuori dai giochi sin dall’inizio (Italia in Comune delude con il 2,8%). Ma se il candidato ex Cantiere, almeno nelle dichiarazioni di facciata, ha provato a ricucire lo strappo raccogliendo l’appello all’unità, le porte in faccia sbattute da Bovino e De Benedittis sono uno schiaffo al centrosinistra che tra meno di due settimane vivrà il suo psicodramma da spettatore. Netflix potrebbe girarci una serie tv, i registi sarebbero tre, la sceneggiatura c’è già, il titolo anche: le regole del suicidio perfetto. Il lancio della prima stagione è previsto a partire dal 9 giugno.
Mai in partita gli altri quattro. Ci si aspettava probabilmente qualcosa in più da Emanuele Lenoci, appoggiato da ben 5 liste ma inchiodato al 12% per quasi tutto lo scrutinio. I Cinque stelle di Nico Longo, invece, rischiano di diventare un caso. Primo partito alle politiche lo scorso anno, confermatisi in testa anche alle Europee 2019, terza lista alle amministrative ma incapaci di esprimere una candidatura forte per poter ambire alla poltrona di sindaco. Magra consolazione l’ingresso, per la prima volta nella storia di Corato, in consiglio comunale.
Fanalini di coda i due Mazzilli. L’ex sindaco Massimo è premiato dal disgiunto con 227 preferenze in più rispetto alla sua lista, Città Nuova. Cataldo Mazzilli, invece, deve accontentarsi delle briciole, non senza aver destinato agli elettori un post piccato su facebook dopo la sua ennesima candidatura a sindaco.
se un dato può emergere da questo voto è che i soliti “sinistri”, molto più sinistri dei destri e dei centrali, hanno prodotto una frantumazione, sospetta, quasi voluta, ne sono certo, per consegnare la città ai soliti noti, che, ormai stanchi di avversari polveriformi, si sfidano a duello tra loro. cose dell'altro mondo. se non fossi così ingenuo da pensare che non sia una cosa programmata…lo penserei. auguri a tutti!!!