Cronaca

Michele Di Modugno e Stefano De Benedittis lungo il “Cammino dell’oro blu”

Veronique Fracchiolla
Veronique Fracchiolla
Stefano De Benedittis e Michele di Modugno
​Due musicisti ventenni - uno di Ruvo, l'altro di Corato - raccontano di ritmi lenti e naturali, di luoghi e persone incontrate in quattro giorni di viaggio da Castel del Monte a Melfi
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La nostra meta non è mai un luogo, ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose”. Le parole di Henry Miller racchiudono il senso di ogni viaggio, fisico o spirituale.

Lo sanno bene i giovani Michele Di Modugno e Stefano De Benedittis, rispettivamente di Ruvo e Corato con ascendenze provenzali, che nell’arco di quattro giorni, da ottobre ai primi di novembre, hanno percorso a piedi quello che hanno battezzato come “cammino dell’oro blu”, il cammino dell’acqua.

Castel del Monte, Spinazzola, Venosa, Palazzo San Gervasio, Rapolla, Melfi. Un piccolo viaggio che coincide, in parte, con i tracciati della Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese e dei Cammini federiciani. «Non seguiamo percorsi predefiniti – raccontano -. Ci piace fare deviazioni che possono anche sorprendere e ad avere una nuova visione delle cose».

Dormivano in tenda, qualche volta in ostello: si dissetavano alle fontane, antiche e moderne, disseminate in quella che era la Puglia “sitibonda”.

Michele ha 20 anni, studia percussioni al Conservatorio di Monopoli; Stefano, di 23, studia Scienze animali e produzioni alimentari e percussioni allo stesso Conservatorio. Entrambi frequentano la scuola “Bembé Arti e percussioni” di Tommaso Scarimbolo.

Li incontro proprio nella casa-scuola di Scarimbolo, tra fogliame di vite, sacchi a pelo e l’armamentario del buon camminatore e uva. La campagna nella città. E non può essere così in quella che si trasformerà in una scuola della ruralità, in cui si diventa custodi dei saperi, dei sapori e dello spirito di un’anima contadina. Scarimbolo commenta: «Loro due sono già i miei primi allievi rurali».

Michele e Stefano, infatti, tessono un racconto appassionato degli incontri fatti nelle campagne, nei borghi che hanno attraversato, con lentezza, recuperando il ritmo naturale del respiro, immergendosi nella natura e venendo a contatto con lo spirito autentico delle persone.

Da Castel del Monte hanno raggiunto Spinazzola, città-borgo del Parco dell’Alta Murgia dalle otto fontane e che ha dato i natali a Papa Innocenzo XII, al secolo Antonio Pignatelli, a cui è stata dedicata la Campana Monumentale della Speranza.

Qui hanno trovato accoglienza e un senso così vivo della comunità da non temere di aprirsi all’altro, al “forestiero”. A loro sono stati offerti cibo, da consumare anche durante il percorso: un gesto che li ha commossi.

«A Rapolla – racconta Michele – non appena giunti siamo stati notati da una signora che ci ha salutati e ci ha aperto le porte della cattedrale di San Michele Arcangelo per farci dormire. Ci ha affidato la chiave».

«Era il 2 novembre, il giorno della Commemorazione dei defunti – sorride Stefano -. Quando l’ho raccontato a mia madre, mi ha detto che è stato il gesto protettivo di un angelo custode speciale, quello di mio nonno che si chiamava Michel».

Durante il percorso, Michele e Stefano sono stati colpiti dalla cordialità, dalla solidarietà di chi abita luoghi sperduti nelle campagne dell’entroterra pugliese: quando si trovavano in difficoltà, come guide si materializzavano contadini che ritornavano dai campi o che, nelle pause dalla raccolta delle olive, offrivano loro pane e vino, tra l’abbaiare dei cani. Gesti autentici che serberanno sempre nel cuore perché li hanno sempre conosciuti: sono gli stessi dei loro nonni, sono espressione delle loro radici la cui perdita «è la cosa più triste che possa capitare quando si va via dalla propria terra» commenta Stefano.

Michele e Stefano hanno acquisito anche la consapevolezza che è necessario fermare lo spopolamento nei piccoli centri, preziosi scrigni del patrimonio di tradizioni.

«C’è stata una resa inconscia della popolazione nel riscatto della propria terra – racconta Stefano -. A Spinazzola, gemellata con Verbania perché vivono molti spinazzolesi , c’è un presidio che intende far rivivere il borgo. Questo è molto bello».

Michele aggiunge: «Io non sono contrario a partire verso altri luoghi: ma ritengo che sia bello quando, una volta acquisita l’esperienza dello stare a contatto con altre realtà, si ritorni laddove si è nati per (ri)donare la propria ricchezza – fatta di saperi – accumulata».

Hanno notato anche poche infrastrutture e scarsi mezzi di collegamento fra i paesi. E questo, per i due ragazzi, è un peccato: sono convinti che una maggiore attenzione delle istituzioni unita alla consapevolezza della ricchezza culturale dei cittadini possa ridare slancio a un’economia sostenibile, rispettosa dell’uomo.

Ma cosa li ha spinti a fare questo cammino?

Per Michele, affrontare i cammini, come quello fatto in estate sulla Murgia significa trovare risposte alle sue domande di artista che ama la propria terra. «Sono un frenetico e i cammini fatti finora mi son serviti per capire che dobbiamo recuperare la lentezza, apprezzare l’essenziale».

Stefano racconta che le opere del sindaco scrittore e poeta di Tricarico, Rocco Scotellaro, e del sindacalista Giuseppe Di Vittorio lo hanno spinto a intraprendere i cammini in quei luoghi verso cui ha sviluppato empatia. «Ho origini contadine, da cui ho assimilato valori importanti quali il rispetto per l’ambiente, la solidarietà. Mio nonno amava soffermarsi, nelle pause del lavoro in campagna, a guardare gli alberi, il cielo».

Michele e Stefano ritengono che il recupero dei ritmi lenti placherebbe l’inquietudine delle persone: il loro augurio è quello che tutti possano trovare la pace interiore e risposte alle loro domande più profonde vivendo “qui e ora”, respirando “lentamente” con la natura e guardando il mondo con occhi più vivi e attenti.

giovedì 12 Novembre 2020

(modifica il 20 Luglio 2022, 18:19)

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