Cronaca

Terrorismo, dieci arresti in Abruzzo. Ai domiciliari anche una coratina

La Redazione
Carabinieri
Il marito della donna sarebbe il presunto capo della cellula terroristica
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È di origini coratine la moglie di Jameleddine B. Brahim Kharroubi, il principale indagato per reati tributari e di autoriciclaggio, con finalità di terrorismo. L’uomo è stato arrestato dai carabinieri del Ros e i finanzieri del Gico dell’Aquila al termine dell’ndagine “Zir” condotta dai carabinieri del Ros e dai finanzieri del Gico del capoluogo abruzzese. La donna invece – Nicoletta Piombino, 52enne coratina ma residente a Torino – è finita ai domiciliari insieme alla 43enne Cristina Roina.

Sono complessivamente 55 le persone che, secondo le indagini, sarebbero coinvolte nella distrazione di denaro da alcune società per finanziare il terrorismo islamico, in particolare favorendo la formazione in Turchia e Siria. Dieci gli arrestati. Gli indagati, secondo quanto riferito dagli inquirenti, destinavano parte del patrimonio al finanziamento di attività riconducibili all’organizzazione radicale islamica “Al-Nusra”. Un’altra parte del denaro, ricavato distraendo importanti somme tramite alcune società, finiva invece nelle tasche di imam dimoranti in Italia, uno dei quali già condannato in via definitiva per associazione con finalità di terrorismo internazionale.

Il marito della Piombino, 57enne residente a Torino ma con dimora ad Alba Adriatica (Teramo), è considerato il presunto capo della cellula terroristica; in carcere come lui anche Atef Argoubi, 40enne residente a Castorano (Ascoli Piceno). Nel corso della operazione sono stati sequestrati circa un milione di euro ad alcuni indagato e quattro appartamenti tra Martinsicuro e Alba Adriatica (Teramo), di proprietà di altre persone finite nei guai.

«Abbiamo ragionevole certezza che il sodalizio colpito dai nostri provvedimenti creava fondi neri che venivano trasferiti in Turchia, luogo dal quale venivano utilizzati per finanziare il trasferimento in Siria dei militanti terroristi» ha detto in conferenza stampa il procuratore distrettuale antimafia dell’Aquila, Michele Renzo, nel commentare l’operazione della Dda, che ha portato ai dieci arresti nel Teramano. E ancora: «tramite alcune società operanti nel settore della rifinitura edilizia e nel commercio di tappeti, formalmente intestate a ‘prestanome’ ma di fatto gestite da un unico soggetto, capo indiscusso del gruppo, sono stati creati numerosi artifizi contabili per distrarre ingenti somme di denaro dalle società».

domenica 8 Settembre 2019

(modifica il 21 Luglio 2022, 13:56)

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