Vi avevamo raccontato di come si partoriva a Corato in pieno lockdown. Il triage, i tamponi alle sole pazienti sintomatiche e il divieto assoluto d’accesso per parenti e degli amici, fatta eccezione per i papà che potevano guardare i figli, per la prima volta, soltanto attraverso il vetro, senza entrare in sala parto.
Per i padri – all’Umberto I – oggi è ancora così. Nessun contatto con la compagna al momento del parto. Una scelta non gradita ad alcune madri che hanno protestato facendo riferimento a una circolare inviata ai direttori di Asl e ospedali dalla Regione Puglia.
«Facendo seguito alle numerose segnalazioni pervenute circa l’impossibilità ad assistere al parto da parte del papà – recita la circolare – si rappresenta che non è mai intervenuta alcuna disposizione normativa regionale che impedisse tale possibilità. Pertanto si chiede di garantire la presenza dei papà al momento del parto, nonché della possibilità dell’esercizio di questo diritto nel rispetto della privacy e delle misure di prevenzione così come stabilito dallo scrivente Dipartimento».
«È proprio nel rispetto delle misure di prevenzione che abbiamo scelto di non far assistere i papà al parto – fa però chiarezza Lucio Nichilo, dirigente del reparto di ostetricia e ginecologia dell’Umberto I – perché, la presenza di un’altra persona oltre la partoriente e lo staff medico, non permette di garantire la dovuta sicurezza nel nostro ospedale».
«Oggi – spiega il dottor Nichilo – rispetto al periodo del lockdown, dobbiamo fare obbligatoriamente il tampone a tutte le mamme e non solo a quelle che presentano sintomi. Il tampone, per essere valido, deve essere effettuato 48 ore prima dell’intervento e il risultato è disponibile minimo sei ore dopo, se non la mattina seguente.
Nell’attesa del responso del tampone le gestanti vengono trasferite nelle stanze grigie, sale parto allestite appositamente per casi Covid. Capite bene che non è possibile prevedere la data esatta del parto, quindi la gestione della paziente non è per nulla semplice. Dover seguire un protocollo così rigido anche per il padre sarebbe impossibile.
Dispiace non poter garantire ai papà di poter stare vicini a compagne e figli – conclude il dottor Nichilo – ma la nostra priorità rimane la salute pubblica».