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Staminali per guarire più in fretta le ulcere da diabete. Un coratino nel team di ricerca

La Redazione
Staminali per guarire più in fretta le ulcere da diabete. Un coratino nel team di ricerca
Francesco Santarella da tre anni a Dublino nel RCSI, ha studiato come le staminali possano diventare vere e proprie fabbriche di proteine per velocizzare il processo di guarigione
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Una ricerca innovativa sull’utilizzo attivo delle cellule staminali indotte per curare le ulcere da piede diabetico. Su questo “tema” ha lavorato Francesco Santarella, giovane ricercatore coratino, assieme ai suoi capi Dr. Cathal J Kearney e Prof. Fergal O’Brien e ai colleghi del Tissue Engineering Research Group (TERG), gruppo di ricerca del Royal College of Surgeons in Ireland (RCSI) – University of Medicine and Health Sciences, a Dublino in collaborazione con la TUFT university in Boston USA.

«L’innovazione è proprio nell’utilizzo fattivo delle cellule staminali, non semplice oggetto di studio ma come vere e proprie fabbriche di proteine, utili a permettere una rigenerazione più rapida del tessuto e un tempo di ospedalizzazione più basso».

«In particolare – specifica il ricercatore coratino – abbiamo dimostrato che è possibile usare fibroblasti ringiovaniti tramite induzione staminale come tecnologia. Queste cellule producono una matrice ringiovanita da introdurre con strutture (scaffold) di collagene sulla ferita. Test in vitro dimostrano efficacia su cellule diabetiche (diabetic foot ulcers-DFU), nel depositare più proteine. In futuro ci aspettiamo una riduzione dei tempi di rigenerazione della pelle».

La patologia sulla quale si sono concentrati gli studi è il piede diabetico, che può portare nel 25% dei casi all’amputazione di una parte dell’arto. «La nostra ricerca – spiega Santarella – è solo all’inizio ma speriamo che in futuro possano esserci anche altre applicazioni oltre a quelle legate al diabete».

Sì, futuro, perché il percorso che va dallo studio alla sua applicazione in ambito medico è lungo e frastagliato. Gli step sono tanti e devono essere superati brillantemente. Dagli esperimenti in vitro alla sperimentazione sugli esseri umani, fino alla commercializzazione possono passare anche trent’anni. «Per questo sono importanti le pubblicazioni, – spiega Santarella – per condividere le nostre scoperte affinché altri gruppi possano portare avanti la ricerca, migliorarla e arrivare ad una soluzione che possa permetterci di vivere meglio».

Santarella è in Irlanda da tre anni dopo una lunga esperienza in giro per il mondo e una laurea in biotecnologie a Milano. Con la RCSI sta portando avanti sei progetti con il suo team di lavoro. «L’ambiente è molto stimolante. Qui l’85% dei ricercatori è straniero, un insieme di cervelli che arrivano da ogni parte del mondo e non ti mettono addosso tanta pressione. Il mio gruppo è molto aperto mentalmente e ha un approccio applicativo al lavoro. Non perde tempo a chiedersi se la cellula è gialla o è verde ma si chiede come potrebbe utilizzarla».

La ricerca è stata finanziata dal fondo Europeo ERC, nazionale Irlandese IRC e statunitense NIH. E il nostro Paese? «Ho fatto ricerca anche da noi e secondo me l’Italia non è così male come viene dipinta. Si può lavorare bene e la qualità della vita è alta. Certo, se ci fossero più fondi…»

giovedì 2 Luglio 2020

(modifica il 21 Luglio 2022, 1:18)

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