L’ispirazione gliel’ha data Paola Clemente, la bracciante tarantina morta nelle campagne di Andria sotto il torrido sole di luglio nel 2015. Sulla sua storia, e su quella dei 16 migranti strappati via alla vita in 48 ore sulle strade foggiane mentre si recavano a lavoro, Marilù Mintrone ha iniziato a costruire la tesi che ha vinto il XVII Premio Renè Cassin promosso dall’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna in collaborazione con la Kip International School, la scuola internazionale che promuove i valori della Piattaforma del Millennio delle Nazioni Unite.
Marilù è coratina, ha 25 anni e si è specializzata in Politiche Pubbliche dopo la laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna (Campus di Forlì). Il titolo della sua tesi di laurea recita: “Sfruttamento e caporalato nelle campagne pugliesi”. Il lavoro di ricerca, durato alcuni mesi, si collega alle sue radici, al suo paese – Paola Clemente lavorava proprio per un’azienda coratina – per allargarsi a tutto il territorio con particolare attenzione alle distese di pomodori della Capitanata, nelle quali sono impiegati decine di braccianti, molto spesso costretti a lavorare in condizioni disumane.
«Ho raccolto le testimonianze dei lavoratori sfruttati, degli attivisti, dei sindacalisti, di assessori comunali e regionali – racconta Marilù – e di tutta una serie di figure che ruotano attorno al tema, per comprendere e analizzare il fenomeno del caporalato, dei ghetti e di come le politiche migratorie influiscano sul problema. È una materia complessa, condizionata da diversi fattori, nei confronti della quale bisogna agire su più fronti».
«Ho provato a proporre una serie di azioni che si possono seguire per iniziare a risolvere il problema – continua la neolaureata – e ho fatto riferimento a quelle buone pratiche utilizzate in altri paesi come la raccolta dell’uva nel territorio dello Champagne, in Francia, dove non esiste caporalato e non esiste sfruttamento. E dire che una delle buone pratiche analizzate viene proprio dalla Puglia. Quella Legge Barbieri del 2007 mirata a contrastare lavoro nero e sfruttamento, che valse al governo Vendola anche un riconoscimento dall’Unione Europea. Legge mai attuata perché ostracizzata dalla maggioranza degli operatori del comparto agricolo».
Il Premio Renè Cassin ha portato in dote a Marilù Mintrone 13mila euro, vincolati a 10 mesi di lavoro in un progetto di cooperazione nel mondo. «C’è la possibilità di andare in Senegal, presso il ministero della donna, per sviluppare un progetto legato alle classi disagiate, a donne e famiglie in difficoltà e finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Per me si tratterebbe di un ritorno a Dakar. Ho lavorato per quattro mesi all’ambasciata italiana». L’inizio di un percorso lavorativo, nell’ambito dei diritti umani, che Marilù sogna per il suo futuro.
Grande Marilù, continua a coltivare e perseguire i tuoi sogni!!!