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Diversamente abili e scuola, “Gocce nell’oceano” mette in allerta sui limiti del “Disciplinare”

La Redazione
I bimbi di "Gocce nell’oceano"
Il nuovo "disciplinare" regolerà l'accesso al servizio per l'integrazione scolastica e sociale extrascolastica
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«Limitare in qualche modo quelli che sono veri e propri diritti soggettivi degli alunni portatori di handicap, attraverso la formula del “compatibilmente alle risorse messe a disposizione dell’Ambito”». Secondo la onlus Gocce nell’oceano questo è il rischio che si prospetta con il nuovo “Disciplinare per l’accesso al servizio per l’integrazione scolastica e sociale extrascolastica dei diversamente abili art.92 del R. R. N.4/2007 s.m.i.” di cui il Comune sta discutendo.

«Abbiamo saputo, per vie informali – scrivono dalla onlus – che all’incirca 20 giorni fa alcuni rappresentanti del Comune di Corato e del servizio per l’integrazione scolastica di Corato dell’Azienda Sanitaria Locale hanno convocato i cinque dirigenti degli istituti scolastici comprensivi di Corato per sottoporre alla loro attenzione il “Disciplinare per l’accesso al servizio per l’integrazione scolastica e sociale extrascolastica dei diversamente abili art.92 del R. R. N.4/2007 s.m.i.” (dove “R. R.” sta per “regolamento regionale”).

Il richiamato art.92, del regolamento regionale 4/2007, indica le caratteristiche che il servizio deve avere, le prestazioni che deve garantire e il personale che deve essere impiegato allo scopo. E lo scopo è quello di garantire il massimo sostegno agli alunni riconosciuti portatori di handicap dai competenti collegi delle aziende sanitarie.

E i primi articoli di questo disciplinare, di cui, comunque, non si conosce a quale fase dell’iter attuativo è tuttora pervenuto, sembrano all’inizio ricalcare lo schema dell’articolo di regolamento richiamato.

Ma già all’art.5, in pieno disaccordo con i propositi regionali e con i suoi precedenti articoli, quando si dovrebbe illustrare la durata del servizio, si comprendono le vere intenzioni di questo atto: e cioè limitare in qualche modo quelli che sono veri e propri diritti soggettivi degli alunni portatori di handicap, attraverso la formula, utilizzata senza successo in una infausta recente memoria difensiva davanti al Tribunale di Trani, del “compatibilmente alle risorse messe a disposizione dell’Ambito”. Scritto in grassetto sottolineato. Questa prescrizione, inserita nell’articolo dedicato alla durata, significa, in soldoni, che per risparmiare denaro si potrà utilizzate, fra gli altri che vedremo a breve, il metodo del “coitus interruptus”. Sul più bello, cioè, magari a gennaio, il servizio potrebbe essere interrotto.

Questo, secondo noi, è un aspetto che va chiarito subito: chi mette le risorse a disposizione dell’Ambito sono gli enti locali; nel nostro caso i comuni di Terlizzi, Ruvo di Puglia e soprattutto Corato. E l’Ambito non è un soggetto terzo rispetto ai Comuni ma deve essere inteso come una modalità efficiente per organizzare il servizio di cui gli enti locali hanno il pieno controllo, riservando per lo stesso risorse umane e finanziarie. I comuni, quindi, non possono approvare una norma che prescrive che il servizio sarà reso compatibilmente con le risorse che, sostanzialmente, decideranno di riservare allo scopo. E appare quindi infantile che ciò sia stato non solo concepito, ma scritto addirittura nero su bianco, Si spera, quindi, che tale amenità sia evitata quando il documento passerà all’approvazione definitiva.

Incuriosisce anche la prescrizione, questa volta sottolineata e in corsivo (chissà qual è la differenza fra le prescrizioni in grassetto e quelle in corsivo) secondo la quale “le prestazioni educative: sono funzionalmente distinte, complementari e non sostitutive dell’attività dell’insegnante di sostegno e delle prestazioni di natura sociale e sanitaria”. Secondo quelli che (giustamente) mal pensano, quello che avrebbe voluto dire l’estensore del documento è che “gli educatori”, gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione, per intenderci, non devono banalmente sopperire alla copertura dell’orario scolastico che residua dopo che l’insegnante di sostegno ha svolto le sue ore di lavoro. Questo finora potrebbe essere indubbiamente accaduto, almeno in quei casi in cui la disabilità è stata tale da richiedere sempre una persona accanto all’alunno, e sembra che all’estensore del documento ciò dia tremendamente fastidio. Quello che non viene valutato, invece, sono i successi che questa necessaria copertura ha permesso di conseguire quando c’è stata una buona programmazione e quando si è verificata una buona intesa fra insegnante ed educatore.

Quindi noi auspichiamo, posto che gli alunni hanno diritto (grassetto, maiuscolo, corsivo e sottolineato) di frequentare la scuola (e i genitori il dovere di mandarceli, a scuola), una maggiore presenza oraria degli educatori a scuola proprio perché hanno una professionalità e compiti diversi da quelli degli insegnanti, perché sono loro gli assistenti personali degli alunni con handicap e per consentire ore di compresenza fra educatori e insegnanti per necessari momenti di confronto e per verificare costantemente l’andamento del programma individuale (PEI, piano educativo individualizzato).

L’art.8 costituisce un’apertura di credito per quei casi in cui Azienda Sanitaria Locale e Istituto scolastico non riescano nei termini previsti dalle norme nazionali (stranamente non richiamate in premessa), nel caso di primo accesso al servizio, a elaborare tutta la documentazione necessaria e che si concretizza con l’approvazione del PEI. E come tale viene apprezzato. Seppur evidentemente in contrasto con la prescrizione sottolineata e in corsivo di cui si è detto pocanzi.

Tuttavia anche l’articolo 8, dopo un inutile comma riferito alla procedura da seguire nel caso degli alunni che già godono del servizio, si chiude con l’avvertenza che “L’Ambito garantirà il Servizio compatibilmente alle risorse disponibili”. Noi non possiamo che rinnovare il nostro biasimo.

Da chiarire la portata dell’art.9, recante “Ammissione al servizio”. Noi riteniamo che le prescrizioni ivi contenute si riferiscano ai casi di primo accesso, quando si prevede non possa esistere un PEI. Perché altrimenti, immaginare che un assistente sociale e un medico ASL (il “gruppo integrato”) possano arrogasi il diritto di smentire ciò che è riportato nei PEI, che invece è elaborato da un maggior numero di attori, rasenta la follia. Tuttavia, interpretarla come norma riservata a quei casi di primo accesso al servizio, ci porta comunque a chiederci come mai non si è pensato di aprire il “gruppo integrato” a genitori e scuola per elaborare comunque un documento con un minimo di informazioni da mettere a disposizione dell’educatore che sarà chiamato a fornire il servizio.

Stendiamo un velo pietoso sull’art.12, dove l’estensore del documento immagina si possano chiedere soldi alle famiglie.

Vorremmo concludere queste nostre considerazioni con degli auspici: che anche nei casi di primo accesso al servizio, i dirigenti scolastici dispongano affinché i piani educativi individualizzati, con l’esatta indicazione dei contenuti del servizio richiesto, siano inviati per tempo ai comuni; che gli assistenti sociali e i medici chiamati a far parte del “gruppo integrato” decidano le ore di presenza degli educatori secondo scienza e coscienza senza alcun riguardo alle limitazioni poste dall’art.9, comma 1, del documento; che l’organo deputato all’approvazione definitiva del disciplinare elimini quelle antipatiche e poco onorevoli menzioni (sottolineate e in grassetto) alla compatibilità alle risorse disponibili e soprattutto faccia in modo che le risorse necessarie non manchino; che quelli dell’Ambito qui in veste di estensori di disciplinari capiscano che questi sono i casi in cui devono essere convocati i portatori di interesse su ciò che si intende regolamentare».

mercoledì 16 Maggio 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 14:36)

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