Il primo maggio di cent'anni fa Corato vide scorrere il sangue e sentì fischiare le pallottole. La lunga mattinata di lotta finì con un morto, diversi feriti e almeno una cinquantina di arresti. La cronaca di quel giorno – il 1° maggio del 1921 – è raccontata nel primo volume di "Corato in camicia nera", scritto da Pasquale Tandoi e in vendita con Lo Stradone
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Il 1921 fu un anno intenso e sanguinoso, caratterizzato dalla moltiplicazione delle squadre d'azione che presero piede anche in Puglia. L'obiettivo delle loro scorrerie erano socialisti, comunisti e quindi contadini e operai. Si registrarono numerosissimi scontri nelle campagne e nelle città. I fascisti distruggevano le Camere del Lavoro, contadini e operai rispondevano assaltando le Case del Fascio. Inoltre ci si avvicinava alle elezioni politiche del 15 maggio che vedevano partecipare anche i fasci di combattimento di Mussolini, schierati nei Blocchi Nazionali, gruppo politico creato da Giovanni Giolitti.
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Quest'instabile polveriera deflagrò anche a Corato, retta all'epoca dall'amministrazione "rossa" di Federico Quinto, che già durante i consigli comunali aveva condannato la brutalità dello squadrismo. I fatti del 1° maggio furono riportati dal "Corriere delle Puglie", schierato con i fascisti e megafono della propaganda dei Blocchi Nazionali.
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L'onorevole socialista Giovanni Lombardi doveva partecipare a un corteo e tenere un comizio la mattina alle 10.30 vicino al Comune. Il quotidiano barese scrive che i leghisti (socialcomunisti) richiesero una scorta per l'onorevole temendo per la sua incolumità. I leghisti si mossero in anticipo, alle 9.30, e arrivarono in piazza Cesare Battisti dove un uomo rannicchiato sotto un carro sparò all'avvocato Buonpensiero, al capitano De Benedictis e all'avvocato Ripoli, poi podestà della città.
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Secondo un altro giornale di destra, "Il Popolo Romano", nei giorni precedenti c'erano stati altri scontri in città e la mattina del 1° maggio 500 leghisti provenienti anche da altre città assalirono armati la sede del Blocco e tentarono di lacerare la bandiera italiana.
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Si aprì un violento scontro a fuoco tra i socialcomunisti e le forze dell'ordine intervenute. Nel tentativo di penetrare nella casa del Fascio il gruppo leghista colpì a morte Vito Riganti, cocchiere del proprietario del palazzo dove aveva sede il comitato elettorale fascista. I leghisti si spostarono dalla sede del Fascio alla Camera del Lavoro, dove si asserragliarono. Nel centro cittadino i sibili dei colpi continuarono a susseguirsi fino alle 14.30, quando da Bari arrivarono i rinforzi.
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Furono arrestate più di 50 persone, tra cui l'onorevole Lombardi, l'assessore Casalino (nella cui casa furono ritrovate delle armi), gli assessori Palombella e Livrieri, i consiglieri provinciali D'Avella e Bove. Proprio l'arresto di Lombardi, un deputato del Regno d'Italia, fece scalpore tanto da occupare le pagine dei giornali in tutta Italia.
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La moglie di Lombardi e i compagni di lista dell'onorevole, smentirono la ricostruzione del Corriere delle Puglie, spiegando che Lombardi non era un violento e che si era creato un "manifesto sopruso poliziesco a favore del candidato avversario". Fu contestato anche l'episodio della bandiera vilipesa.
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Il 3 maggio si tenne il funerale di Vito Riganti, vittima innocente di quella sanguinosa mattinata. Le esequie furono strumentalizzate per le incombenti elezioni politiche. Si disse che il popolo avrebbe dovuto vendicare la memoria di Riganti con "l'arma poderosa della scheda"e votare per i Blocchi che non riuscirono a vincere la competizione elettorale ma i fascisti ottennero 35 seggi. Tra questi, uno fu occupato da Benito Mussolini.
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Una pagina di storia che dimostra, a chi ancora non lo sapesse, quanto pericolosa possa essere la propaganda attuata con i giornali manipolando i fatti.
Onore ai compagni, ai lavoratori, ai proletari in lotta di ogni epoca.