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Più imprese, ma meno addetti: così la pandemia ha colpito le aziende

La Redazione
Imprese e pandemia
Nel confronto tra 2020 e 2019, il saldo fra imprese nate e imprese cessate è positivo di 1.222 unità, ma è negativo in termini di addetti con ben 16.405 persone impiegate in meno
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Il saldo fra imprese nate e imprese cessate è positivo di 1.222 unità, ma è negativo in termini di addetti con ben 16.405 persone impiegate in meno. In totale sono 382.535 le imprese registrate nella Regione a fine 2020 e 1.122.456 gli addetti. I numeri arrivano dal report del Sismografo di Unioncamere Puglia in cui si mette a confronto l’economia pugliese del 2020 con quella del 2019.

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«Il primo segno della pandemia – commenta Luigi Triggiani, segretario generale di Unioncamere Puglia – non si vede sul numero di aziende, ma su quello dei lavoratori. Nonostante il blocco dei licenziamenti, registriamo la perdita di dipendenti, soprattutto fra micromprese, stagionali e lavoratori a termine. Il fenomeno però non riguarda tutti i settori, perché alcuni addirittura si muovono in controtendenza e assumono».

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Se il numero degli addetti desta preoccupazioni, il saldo fra imprese pugliesi tra 2019 e 2020 è invece positivo. L’andamento è figlio della performance delle società di capitale, che paiono maggiormente in grado di fronteggiare la crisi; ma anche di altri due fattori concomitanti, ovvero il crollo sia delle iscrizioni (-17,5% complessivo rispetto al dato 2019) che delle cessazioni (-20,4%).

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«Le aziende – prosegue Triggiani – danno l’impressione di aver spento i motori in attesa di eventi. Il varo di strumenti finanziari e fiscali da parte del Governo potrebbe aver suggerito questa condotta. Nei prossimi mesi capiremo se la cura ha rinvigorito il malato o spostato il problema più in avanti. La prova del nove saranno i bilanci 2020, che ci daranno il polso dell’impatto finanziario e patrimoniale della pandemia».

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I territori. Le province di Lecce, Taranto e Brindisi e in misura minore quella di Foggia, trainano il dato dell’aumento delle imprese rispetto al 31 dicembre 2019. Mentre Bari e soprattutto la BAT registrano un calo delle aziende, sostanzialmente replicando la dinamica del Centro Nord Italia.

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Il lavoro. L’espulsione di forza lavoro nell’immediato si conferma come il primo fenomeno da registrare in tutta la regione, anche se non in tutti i settori economici. L’impatto del calo dei dipendenti appare pressoché proporzionale al numero di aziende presenti in ciascuna provincia, a testimonianza di una certa pervasività territoriale dei primi effetti della crisi.

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L’export. L’export regionale 2020 – dati ancora provvisori, quindi destinati a crescere in termini assoluti – si assesta intorno ai 5miliardi e 890 milioni di euro, con un calo di 735 milioni di euro rispetto ai dati provvisori 2019, che fungono da termine di paragone. Su questo dato impatta negativamente soprattutto la manifattura, che fa male più o meno su tutti i fronti: metallurgia, farmaceutica e moda peggio di tutti; ma anche chimica, automotive e meccatronica non fanno meglio. Buono invece il dato in crescita dell’export di prodotti dell’agricoltura e dell’industria alimentare.

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Le tipologie aziendali. Nel 2020 si è registrato un vorticoso aumento delle società di capitale, un crollo delle imprese individuali e un calo non lieve anche delle società di persone. Ma ciò che è più importante è che le medesime dinamiche si ripresentano a livello di variazione dei dipendenti, con le società di capitali che vedono addirittura una netta crescita, mentre le altre calano.

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I settori. I comparti che registrano le maggiori sofferenze per numero di imprese e soprattutto per dipendenti sono commercio, alloggio, ristorazione, industrie culturali e creative, servizi alla persona. Ma anche meccatronica, moda ed edilizia non fanno meglio. Vi sono però altri settori che fanno invece rilevare andamenti incoraggianti per iscrizioni e addetti, ad esempio installazione di macchine industriali, informatica, logistica su gomma, tecnici specializzati del settore casa (idraulici, muratori, elettricisti, impiantisti). A questi si aggiungono, come a raccontare visivamente la situazione pandemica, attività quali assistenza sanitaria, assistenza sociale residenziale (presso cliniche), disinfestazione e produzione di articoli in plastica.

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lunedì 15 Febbraio 2021

(modifica il 3 Agosto 2022, 10:42)

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