Il Giorno della Memoria

La tragica fine di Cataldo D’Oria, arrestato per un insulto a Mussolini e ucciso nel lager nazista

Francesco De Marinis
Francesco De Marinis
Cataldo D'Oria
Il manovale coratino disse del Duce: «Li mortacci sua, ‘sto puzzolente, ancora non l'ha ammazzato nessuno!». Arrestato e sorvegliato, 18 anni dopo fu mandato nel campo di Mauthausen dove trovò la morte
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La mattina del 4 gennaio del 1944 Cataldo D'Oria, un manovale coratino di 48 anni, si appresta a salire sul treno che lo porterà prima ad Innsbruck e poi al Konzentrationslager di Mauthausen, in Austria. Con lui altri 256 uomini, prelevati dal carcere di Regina Coeli a Roma e portati alla stazione Tiburtina, destinati a rimpinguare le stanze del campo di concentramento nazista.

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D'Oria finì su quel treno perché antifascista. Figlio di Nunzio D'Oria e Rosa Ardito, aveva scelto come tanti suoi concittadini di emigrare alla ricerca di lavoro. Nel 1925 finì nella periferia romana tra calce e mattoni, a spaccarsi le mani per una buona paga. Sul cantiere, nel settembre del '26, cominciò il suo calvario. 

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L'11 settembre del 1926 l'anarchico e antifascista Gino Lucetti tentò di amazzare Mussolini lanciando una bomba sulla Lancia Lambda che trasportava il dittatore. L'ordigno colpì la parte superiore del finestrino ed esplose lontano dall'auto. Qualche giorno dopo, il fallimento dell'attentato era oggetto di discussione tra D'Oria e Giuseppe Piva, un suo collega muratore. «Li mortacci sua, ‘sto puzzolente, ancora non l’ha ammazzato nessuno!», esclamò rammaricato D'Oria.

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Il commento non sfuggì ad un altro manovale che corse ad avvisare le autorità. D'Oria e Piva furono arrestati il 17 settembre del '26 per "offese a S.E. il Primo Ministro e per apologia di reato". Cinque mesi più tardi finirono davanti al Tribunale Speciale Fascista, istituito il 25 novembre 1926 con la legge del Ministro di Grazia e Giustizia, Alfredo Rocco.

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Quel giorno, in qualche modo, si può dire che D'Oria entrò nella storia perché – secondo diverse fonti – l'operaio coratino fu il primo condannato dal Tribunale Speciale. Bastò un insulto, come quelli indirizzati ai politici che si dicono al bar tra amici, per essere condannato a nove mesi di reclusione più un anno di vigilanza speciale e diventare nemico del regime.

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Con gli anni il suo fascicolo si riempì di rapporti di polizia. Finì sotto la lente d'ingrandimento e continuamente sorvegliato. Negli uffici di vigilanza arrivavano dispacci da parte di datori di lavoro e spie che ne tracciavano gli spostamenti e i rapporti di lavoro. In un rapporto di Polizia del '35, si legge che su D'Oria era stata disposta "assidua vigilanza", che "ha professato sempre idee sovversive" e che "non aveva dato prova di ravvedimento".

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Giunse il 13 gennaio 1944 a Mauthausen dove gli fu apposto il numero di matricola 42072. Di tanto in tanto veniva portato al sottocampo di Sankt Aegyd dove i prigioneri lavoravano nella produzione di motori per i veicoli delle Waffen-SS. Trovò la morte il 19 aprile del 1945 a Mauthausen, probabilmente in uno degli stermini di massa perpetrati con le camere a gas dai nazisti, ormai accorsisi che la fine era vicina. Il campo, infatti, fu liberato dagli Alleati il 5 maggio, 16 giorni più tardi.

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Non sappiamo se Cataldo D'Oria sia stato protagonista di altre azioni invise al regime. Fino al novembre del 1943 non aveva "dato luogo a rilievi con la sua condotta in genere", come viene riportato nell'ennesimo rapporto. Forse bastò quella frase pronunciata contro il Duce per condannarlo a morte.

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mercoledì 27 Gennaio 2021

(modifica il 3 Agosto 2022, 10:52)

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Stefania Consenti
Stefania Consenti
3 anni fa

Bravi continuate così a fare memoria. Corato merita di conoscere il suo passato. Mettete una pietra d'inciampo come a Milano e Roma

Pier Luigi
Pier Luigi
3 anni fa

Bisognerebbe intitolare vie cittadine a nostri personaggi come lui, non a cose o persone che nulla hanno a che vedere con la nostra storia (mi vengono in mente via Lega Lombarda, via Lombroso, via La Marmora, ecc).

Umberto Galassi
Umberto Galassi
3 anni fa

Stefania Consenti ha dato un suggerimento che renderebbe tanto a Corato. Ma spiace pensare che si rende onore a persone che non meritano nessun ricordo per quanto male hanno fatto. Ma tutto puo' cambiare.

Stefania
Stefania
3 anni fa

Sarebbe doveroso porre tale pietra.Ma poi mi chiedo ,se ci sarebbe rispetto anche solo nel non calpestarla,visto che ultimamente non si ha più rispetto per nulla.La shoah e’stata una tragedia immane che mai comprenderemo,E che penso torni ogni giorno quando si spezzano vite umane e si rimane indifferenti.Per tutto quello che succede oggi,penso che la storia non ha insegnato nulla.