Cultura

“La ferita che cura”, una narrazione su dolore e resilienza

La Redazione
“La ferita che cura”
Venerdì 8 novembre alle 18 nella sala verde del Comune di Corato, con la presentazione delle sezioni coratine di Aido, Adisco, Admo, Avis e Fidapa
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Le sezioni coratine di Aido, Adisco, Admo, Avis e Fidapa presentano, venerdì 8 novembre alle 18 nella sala verde del Comune di Corato, “La ferita che cura” di Chiara Scardicchio.

Perché? È la grande domanda filosofica dell’essere umano e ci descrive nella nostra evoluzione: perché? Chiede incessantemente il bambino… e perché? È la domanda martellante che continua a possederci, da adulti, al cospetto delle mille forme che assume il dolore, esperienza che accomuna tutti. Ciò che varia però è l’atteggiamento, l’approccio con cui ognuno di noi si accosta all’inevitabile dolore.

E così l’autrice, impegnata da anni nei temi della formazione e dell’educazione, si pone in un dialogo appassionato con le voci più autorevoli della ricerca pedagogica, della psicologia analitica, dell’arte, della letteratura e della tradizione religiosa, chiedendosi se sia possibile ripensare il dolore come iniziazione a un più profondo respiro vitale, non come punizione ma forma della vita, modo affinché la felicità non giunga senza scelta e conquista.

Appuntamento quindi a venerdì 8 novembre per una narrazione perché, per dirlo con le parole dell’autrice, «intorno al dolore non poteva esserci alcun discorso, solo una narrazione. Senza la presunzione di offrire risposte, solo il delicato e potente tocco che io per prima ho ricevuto da chi mi ha insegnato la follia possibile dell’ossimoro di una ferita che cura».

giovedì 7 Novembre 2019

(modifica il 21 Luglio 2022, 11:06)

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salvatore di gennaro
salvatore di gennaro
4 anni fa

“Resilienza”: leggo che è un termine coniato da un inglese nel 1914, riferito dapprima alla tempra dei metalli e poi trasposto in psicologia. Quando studiavo al liceo, la sopportazione del dolore e delle avversità si chiamava “stoicismo”. Ma nell'Italia attuale la prima cosa ad essere sacrificata, in favore dell'esterofilia, è proprio la “tradizione”.