Spalla

La Puglia e il ritorno a scuola il 1° ottobre. E tu da che parte stai?

Nicola Palmiotto
Banchi di scuola
La motivazione: aule non attrezzate per sopportare il caldo. Giubilo tra gli studenti, brivido per genitori e insegnanti
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Il mare più bello, si sa, è quello di settembre. Lo deve pensare anche il consigliere regionale Giovanni Stea, che ha presentato la proposta di modifica del calendario scolastico pugliese: dall’anno prossimo le scuole di Puglia potrebbero aprire nella seconda quindicina di settembre o addirittura il primo ottobre. Quella che poteva sembrare una boutade è invece più che un’idea, accolta con favore dall’assessore regionale al ramo e che potrebbe finire sul tavolo con i sindacati e i rappresentati delle categorie coinvolte. Insomma il sogno proibito di ogni studente potrebbe diventare realtà già dall’anno scolastico ’18-’19.

In realtà il regolamento non sarebbe una novità assoluta, perché gli scolari pugliesi, di più o meno di una generazione fa, tornavano sui banchi proprio ad ottobre. Fa comunque un certo effetto passare, nel breve volgere di un paio di stagioni, dal progetto del governo Renzi (quello che puntava ad aprire le scuole anche in estate) ad uno diametralmente opposto. Del resto l’obiettivo della riforma, secondo quanto afferma lo stesso consigliere regionale, punterebbe principalmente ad evitare agli alunni «estenuanti bagni di sudore in istituti per niente attrezzati a far fronte alle ondate di afa», ma allo stesso tempo contribuirebbe alla destagionalizzazione del turismo. Naturalmente ogni riforma “epocale” come questa ha i suoi sostenitori e i suoi oppositori. Eccone ipotizzato qualcuno.

Pro
A favore del provvedimento ovviamente si schierano le folle di studenti pugliesi di ogni ordine e grado. Dai bambini della elementare (non so se ci avete fatto caso ma già in seconda fanno il “pugnetto” per un uscita anticipata causa assemblea sindacale), a quelli delle superiori è superfluo affermare che l’estate formato extra-large sarebbe una favola. Accanto a loro ci sarebbero i titolari degli stabilimenti balneari e delle attrazioni estive, che potrebbero beneficiare di qualche incasso in più, che fa sempre comodo. Ma poi, fatta eccezione per qualche prof irriducibile della tintarella, l’elenco si esaurisce subito.

Contro
La schiera di quelli che ipoteticamente sarebbero contro il posticipo dell’anno scolastico è forse più lunga. A partire dagli stessi insegnanti, che obiettano, tanto per cominciare, la mancanza di una plausibile motivazione pedagogica alla base del provvedimento. Docenti che inoltre si ritroverebbero a portare a termine programmi ministeriali ed eseguire verifiche facendo i conti con un calendario compresso. Perfino i precari prederebbero alcune possibilità di lavorare. Da loro quindi arriverebbe un cortese «No, grazie». Un brivido invece è sceso lungo le schiene di nonni e genitori quando hanno appreso la notizia. «Dopo ferragosto cominciamo a fare il conto alla rovescia», è il pensiero, nemmeno tanto velato, comune a molti genitori. Anche per loro l’apertura delle scuole al 1° ottobre sarebbe una tragedia o qualcosa di simile. Infine contro la riforma ci sarebbero anche i titolari di bar e caffè che perderebbero una fetta di clienti: dal giorno di inizio delle scuole i propri esercizi commerciali si affollano di mamme (e qualche papà) che oziano sui tavolini tra cornetto e cappuccino.

Insomma una regione spaccata in due. Comunque andrà a finire ne vedremo delle belle.

mercoledì 13 Dicembre 2017

(modifica il 22 Luglio 2022, 22:58)

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 salvatore di gennaro
salvatore di gennaro
6 anni fa

Troppo complicato il discorso “scuola”, a partire dal privilegio degli insegnanti nell'avere tanti giorni di festa regolarmente pagati, per finire all'incongruenza, ora che vi sono sistemi telematici, di riunire un insieme di persone, tutte finalizzate al raggiungimento dell'ambito premio di “più ignoranti”, ed aggiungerei, “più maleducati”, d'Europa (spesso all'estero non vogliono i nostri studenti). Quindi, come al solito, non è questione di “quantità” di giorni d'insegnamento, ma di “qualità” dell'insegnamento stesso il quale, pur se esplicato, o si tenti di farlo, sicuramente nel migliore dei modi, viene vanificato da un contorno sociale non favorevole. La scuola comunque, dopo il '68, ha assunto il ruolo di “malata cronica” della società, seguendone la discesa. Piacevole, l'articolo.