Accadde a Corato

Il coratino Giuseppe De Falco, nel 1915 padrino di Mussolini nel duello alla sciabola contro Treves

Pasquale Tandoi
Il duello tra Mussolini e Treves
Fu uno dei maggiori esponenti del sindacalismo rivoluzionario italiano
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A Corato si possono contare sulle dita di una mano coloro che ne hanno sentito parlare, eppure Giuseppe De Falco è stato uno dei maggiori rappresentanti in Italia del sindacalismo rivoluzionario, conosciuto anche all’estero, in Svizzera in particolare.

Vediamone molto sinteticamente l’incredibile biografia, anche se il personaggio merita una ben più corposa pubblicazione.

Nacque a Corato il 25 febbraio 1878 in vico 1° Lops nr. 2 da una modesta famiglia. Suo padre Angelo era cocchiere dell’aristocratica famiglia Lops e sua madre, Brigida Russo, era casalinga. Imparò il mestiere di tipografo che esercitò a Bari al “Corriere delle Puglie”, ma ben presto passò dalle rotative alla stesura di articoli e ad interessarsi della vita politica del capoluogo pugliese. Politicamente si stava formando alla scuola di Guglielmo Schiralli e negli anni alla fine dell’Ottocento fu tra i dirigenti della sezione socialista coratina e redattore del settimanale socialista “La Ragione”.

Lavorò per alcuni mesi a Milano nella tipografia di Edoardo Sonzogno, poi tornò a Bari nel giugno 1903 per assumere la carica di segretario della Camera del Lavoro, mantenendo nel PSI una posizione di sinistra radicale. In seguito, pur rimanendo nel partito, aderì ai principi del sindacalismo rivoluzionario. Proprio con Giuseppe De Falco si verificò un salto di qualità nella organizzazione delle lotte proletarie in Terra di Bari. Divenne nel 1906 redattore del settimanale La Fiumana che, successivamente, sotto la sua direzione fino al 1910, si intitolò La Conquista. Il sindacalista coratino impresse al giornale una linea rivoluzionaria con la diffusione delle idee e degli insegnamenti di Georges Sorel e di Arturo Labriola.

La Questura lo teneva sotto un rigido controllo: era ritenuto elemento pericoloso, capace di suscitare disordini. Nel settembre 1907 il II Congresso Socialista per il Mezzogiorno lo designò quale membro del comitato di organizzazione e propaganda per le province meridionali: l’infaticabile impegno nelle lotte operaie e l’intensa attività di pubblicista gli valsero il prestigioso riconoscimento.

Al X congresso del PSI (Firenze, settembre 1908), al quale partecipò quale delegato di Bari, oltre a sostenere le posizioni più radicali e rivoluzionarie, rimproverò al partito il disimpegno e il disinteresse per i problemi del Mezzogiorno.

In quegli anni fu oggetto di una imputazione per diffamazione a mezzo stampa di un consigliere comunale di Bari (lo aveva accusato di aver ottenuto in modo fraudolento un’area per la costruzione di una casa di cura), per la quale fu condannato in appello ad un anno e mezzo di reclusione. Per evitare l’arresto, nel 1910 espatriò.

Esule in Svizzera, a Lugano, lavorò all’organizzazione dei lavoratori italiani, fu direttore de L’Avvenire del lavoratore e i suoi articoli e la sua personalità giunsero ad avere ampia influenza sul proletariato italiano immigrato in terra elvetica. Nel 1910-’11 pubblicò vari articoli relativi alla lotta di classe in Puglia sul quindicinale Pagine libere di Lugano e nel 1913 pubblicò un opuscolo dal titolo Partito e sindacato.

In quel periodo si avvicinò sempre più alle posizioni di Mussolini, di cui condivideva l’acceso radicalismo. Il rapporto umano e politico tra i due nacque con la collaborazione di De Falco al quindicinale Utopia, diretto dallo stesso Mussolini, dalle cui colonne il Coratino condusse una vivace polemica antiriformista (evidenziata, peraltro, anche in alcuni suoi interventi sull’Avanti!). La redazione del quindicinale era tutta sulle spalle di De Falco, le cui capacità editoriali erano fuori discussione. Dopo l’allontanamento di Mussolini dalla direzione dell’Avanti! e l’espulsione dal PSI (novembre 1914) per la scelta interventista nella prima guerra mondiale, il sindacalista di Corato gli espresse la sua solidarietà con un articolo su Il Popolo d’Italia, preceduto da un cappello del futuro duce: Di questa prova di amicizia e solidarietà mi ricorderò.

Si trasferì a Milano per assumere, nel marzo 1915, la carica di capo redattore de Il Popolo d’Italia, il quotidiano interventista fondato e diretto da Mussolini. Sempre nel marzo 1915, De Falco fu uno dei due padrini-assistenti di Mussolini nel duello che questi sostenne con l’on. Claudio Treves, uno dei maggiori esponenti del socialismo riformista e direttore dell’Avanti! dal 1909 al 1912. Dopo una lunga serie di reciproci articoli durissimi, giunti all’insulto personale, nonostante lo Statuto del Partito Socialista lo vietasse, Treves sfidò a duello Benito Mussolini.

La sfida venne accolta e il duello si svolse in una villa abbandonata alla Bicocca di Milano Niguarda, nel pomeriggio del 29 marzo 1915. Fu un combattimento alla sciabola violentissimo, durato 25 minuti suddivisi in otto assalti consecutivi, nei quali i duellanti si infersero, l’un l’altro, varie ferite e contusioni. Al termine dell’ottavo assalto, su consiglio dei medici, De Falco e gli altri padrini decisero di porre termine allo scontro, comunque constatando il rifiuto dei duellanti alla riconciliazione. Pur restando ferito all’avambraccio, alla fronte e all’ascella, Treves riuscì a colpire all’orecchio “l’uomo di Predappio”, che era uscito indenne da sei precedenti duelli.

Quando Mussolini fu richiamato alle armi, il giornalista di Corato lo sostituì di fatto nella direzione de Il Popolo d’Italia. De Falco ricevette continuamente elogi dal caporale Mussolini per la sua opera editoriale. Tra i due, stando alle dichiarazioni pubblicate sul giornale, la sintonia era perfetta. Riportiamo di seguito alcune affermazioni di Mussolini nei confronti di De Falco:

“Pare che uno strano vincolo telepatico ci unisca in tutte le questioni”.

“Caro De Falco, durante questi mesi hai diretto con mano ferma e sapiente, con vivo intelletto e con passione non meno viva di italiano e socialista il nostro Popolo”.

“Carissimo De Falco, io ti rinnovo pubblica testimonianza: in tutte le questioni tu hai interpretato il mio pensiero a meraviglia”.

Quando Mussolini fu ferito (pare lievemente) in battaglia, De Falco dalle colonne del giornale volle farne un martire. Pubblicò in prima pagina un articolo dal titolo profetico, Il Duce, in cui esaltava l’eroismo del caporal Benito: È in noi una commozione infinita, è in noi un dolore, un orgoglio, un’ansia…. Il fratello nostro in armi, l’Ispiratore, l’Incitatore, ha dato alla sua, alla nostra Idea il contributo del sangue… Sarà lieta la canaglia che voleva la ferita, sarà lieta la immonda schiera dei compagni di ieri. Silenzio, progenie di vipere! Essi non valgono una goccia di quel sangue, perché sono fango.

Il pur vivace interventismo di De Falco non andava, però, nella direzione di rompere ogni relazione con i socialisti – e in ciò la differenza di posizione con Mussolini. Questo dissidio e il sempre più marcato distacco di Mussolini dall’area socialista portò alla rottura tra i due e all’allontanamento di De Falco dal quotidiano milanese nel febbraio 1918. Da quel momento le loro strade si divisero. De Falco non seguì mai Mussolini sulla strada del fascismo

Negli anni successivi, emarginato da ogni attività politica, pur continuando a far professione di socialismo, visse abbastanza miseramente e per un certo periodo collaborò a Il Mondo. Ai primi degli anni Trenta, ottenuto finalmente il permesso di espatriare, probabilmente grazie all’interessamento diretto di Mussolini, fu corrispondente da Istanbul dell’agenzia di stampa Stefani. Qui rimase anche nell’immediato dopoguerra.

Giuseppe De Falco morì a Roma il 1° aprile 1952. Un giornale di Lugano lo definì uno dei migliori giornalisti della vecchia generazione. Su La Gazzetta del Mezzogiorno nessuna notizia e anche a Corato l’oblio su questo straordinario personaggio era sceso da tempo.

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La foto in copertina di Giuseppe De Falco è tratta dalla Collezione privata di C. Scarnera

mercoledì 6 Giugno 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 13:45)

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 salvatore di gennaro
salvatore di gennaro
5 anni fa

La “questione meridionale” è sorta impetuosa all'indomani dell'unificazione, quando i governi centrali privilegiarono lo sviluppo tecnologico del nord, a scapito della mantenuta arretratezza economica e sociale del sud, più docile e meno rivoluzionario. Ma, come spesso ho ripetuto, ora tale “questione” si è trasformata in politica, dato il disinteresse in questo ambito dimostrato dal mezzogiorno: un partito esclusivamente meridionale penso infatti sarebbe stato utile per perorare la causa del sud. Venendo poi a Mussolini, non comprese che una nazione non è fatta dai precisi confini geografici, ma dall'unito popolo che la abita: occorreva evitare l'ingresso in guerra nel '15 e con esso i problemi sorti dopo, causa della nascita del Fascismo e dell'alleanza “riscattatrice” con i tedeschi.

fiore aldo
fiore aldo
5 anni fa

Concittadino da conoscere meglio. Gli studiosi coratini potrebbero dedicarsi , grazie.