«Una vita spezzata può essere annuncio di una vita nuova?». È dalla sana provocazione con cui don Peppino Lobascio ha concluso la sua omelia che ci piace ripartire. Perché oggi, in questo afoso 12 luglio, le parole spese sono state tante. E dire qualcosa che vincesse il rischio di apparire scontata, o patetica, non era affatto semplice.
Da uomo di fede, ma anche da cittadino della nostra terra, don Peppino non ha fatto a meno di lanciare un ponte verso il domani: «mi auguro che la comunità non dimentichi. Solo vivendo nella memoria si può costruire il futuro».
Consapevole del fatto che «tante sono le domande a cui non si trovano risposte», il vicario zonale non si è risparmiato una riflessione: «oggi spesso, da più voci, si è sentita forte la voglia di giustizia». Tuttavia, come anche il vescovo Mansi ha detto stamattina, essa «non restituirà la vita alle vittime». Perciò «Cristo che si fa vicino a chi è nella sofferenza è Parola di salvezza», con «la svolta» per la vita che «passa attraverso la croce».
Così, con la messa celebrata in piazza Cesare Battisti, si sono conclusi i due momenti organizzati dall’amministrazione comunale in ricordo delle vittime del 12 luglio. Adesso – dopo il messaggio che Francesco Caterino ha rivolto al suo angelo, suo figlio Luciano, macchinista di uno dei treni coinvolti nell’incidente – nell’ultima parte di questo 12 luglio, il «testimone del ricordo» resta nelle mani dell’associazione dedicata a Francesco Ludovico Tedone alle prese con Komorebi.
Il video integrale della celebrazione
Un appello che in ogni commemorazione, specie laica, si lancia. Ma l'italiano ha scarsissima memoria e nessuna prospettiva futura: vive solo un effimero presente. Non è una colpa, dato che gli è insito questo modo di fare. La colpa è di chi, pretendendo di governarlo, fa finta di non conoscere come egli è fatto, ed agisce con lui in modo sempre inadeguato.