Cronaca

Dramma sui binari, i soccorritori: «Non lo dimenticheremo mai». Foto e testimonianze

Marianna Lotito
Marianna Lotito
Un vigile del fuoco che scende da uno dei vagoni
Al momento è stato accertato che le vittime coratine sono almeno, tra questi uno dei macchinisti e un ragazzo molto giovane
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Una giornata piena di suoni e rumori. Di silenzi, di scarpe e di terra. Questo sono state le interminabili ore di dolore passate sotto il sole che ha reso sempre più roventi le lamiere dei due treni della Bari Nord, e i binari tra Corato e Andria, protagonisti delle pagine di cronaca dei giornali di tutto il mondo.

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C’erano le sirene delle ambulanze, le motoseghe, i motori dei mezzi dei soccorritori, gli pneumatici sulle pietre delle strade sterrate. E poi gli elicotteri, tanti, che andavano e venivano in quell’orto che ancora doveva rinascere e che si è trasformato – suo malgrado – in un’ottima pista di atterraggio e di decollo per i viaggi dell’ultima speranza.

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E poi, sopra ogni cosa, le cicale. Il loro è stato un canto ininterrotto, un sottofondo naturale a cui non si poteva fare a meno di abituarsi: dopo alcune ore sembrava quasi di non sentirle più.

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Solo quando da quella campagna ci si allontanava per andare verso la strada che riporta in città, le cicale non c’erano più. E in mente tornavano le voci e i silenzi.

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Urla, disperate. Quelle di chi ha raggiunto quel maledetto binario nella speranza – vana – di trovare un parente o un amico sano e salvo tra gli ulivi.

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Voci strozzate, quelle dei colleghi della Ferrotramviaria. Impossibile non riconoscerli, con la cravatte in disordine, la camicia azzurrina e la testa bassa. A volte seduti sui muretti, altre accasciati sotto gli ulivi, unici – questi ultimi – ad avere ancora a che fare con la pace. Hanno perso degli amici e, chissà, magari si sono domandati perché su quei due treni non c’erano loro stessi.

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Tra la gente anche i bambini, magari in attesa dei genitori. E i giovani come Felice, in cerca di sua cognata: «ogni giorno da Andria va a Bari per lavorare in un centro estetico. Solitamente non prende questo treno ma il successivo.

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Oggi purtroppo è partita prima, siamo sicuri che sia salita sul treno dell’incidente. Non risponde al telefono. Mio fratello, il suo fidanzato, è vicino alle lamiere: speriamo tanto di ritrovarla viva». Nell’attesa però, i due giovani continuano a chiedersi perché – proprio oggi – la giovane donna non abbia preso il treno di sempre.

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E poi l'eco. Quella che arrivava attraverso i cellulari o i social network da tutti i coratini che, vivendo lontani dalla loro città di origine, avvertivano ancora più forte il bisogno di manifestare la propria vicinanza. Ognuno a suo modo.

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Infine i silenzi. «Intorno alle 15 ne abbiamo fatti almeno tre» racconta uno dei vigili del fuoco di Corato intervenuti per primi pochi minuti dopo la tragedia. Non quei minuti commemorativi spesso privi di compassione profonda, etimologicamente intesa. «Sono minuti di silenzio che hanno una ragione specifica: servono a capire se sul luogo della cronaca c’è ancora qualcuno che si lamenta o chiede aiuto. O semplicemente respira» ci spiega un giovane pompiere coratino. Purtroppo, silenzi che nessuno ha rotto.

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«Mai come oggi speravamo di sentire una voce, anche debole, piccola. Ci siamo concentrati il più possibile ma non è servito a nulla» ammette.

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Dal distaccamento di Corato, così come dal comando di polizia municipale, gli uomini sono arrivati sul luogo dell’incidente in pochi minuti. A raccontarlo c’erano anche le loro scarpe: completamente impolverate già alle 12. Sembrerà strano notarle eppure, quando la cronaca è così cruda e si sceglie di rispettare la sacralità del lenzuolo bianco che copre le vittime, possono anche essere le scarpe a raccontare i fatti.

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«Ci siamo trovati innanzi a delle scene strazianti, nella mia carriera non avrei mai pensato che potesse capitare una cosa del genere» confessa Giuseppe Loiodice, vice comandante della polizia municipale di Corato. Le sue scarpe sì, la dicevano lunga. Per fortuna l'esercito dei soccorritori volontari ha risposto, così come hanno fatto i cittadini che sono andati a donare il sangue.

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«Sono scene a cui non ci si abitua mai – ammettono i vigili del fuoco – e nonostante tutto è necessario in quei momenti rimanere concentrati, quasi freddi.

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Oggi è accaduto che al nostro arrivo tanti passeggeri già scesi dal treno con le proprie gambe non hanno esitato a dire di non preoccuparci di loro ma di correre sui treni. Avevano ragione: l’inferno era lì. In alcuni casi abbiamo dovuto letteralmente ricomporre i corpi. I medici constatavano i decessi e poggiavano sui corpi dei bigliettini con dei numeri: era il modo più rapido per “identificarli”.

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Poi a noi spettava il compito di riporli in dei sacchi e portarli all’esterno dei vagoni. Insieme al mio collega abbiamo compiuto queste operazioni almeno per undici vittime. Solo un grande pianto liberatorio, alla fine del turno, ci ha permesso di continuare a vivere questa giornata che non dimenticheremo mai».

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Fino alla mezzanotte scorsa ben 23 persone, tra adulti, ragazzi e bambini, con quei numeri sono arrivati a Bari. Le famiglie sono state avvisate ma solo questa mattina si potrà procedere con il riconoscimento. Purtroppo però il numero delle vittime è destinato a salire: molti dei feriti non ce l’hanno fatta durante il trasporto in ospedale. Altri sono morti poco dopo. Persone e storie, queste, di cui ancora non si ha contezza in maniera precisa.

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Al momento è stato accertato che almeno due vittime sono coratine, tra questi uno dei macchinisti e un ragazzo molto giovane.

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Oggi continueranno ad arrivare aggiornamenti ma una cosa è certa: quei treni che per tutti noi cittadini del nord barese sono compagni di scuola, università e lavoro, o magari alleati nelle storie d’amore, da ieri non sono più gli stessi.

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mercoledì 13 Luglio 2016

(modifica il 24 Luglio 2022, 5:13)

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ROSITO NUNZIA
ROSITO NUNZIA
7 anni fa

non ci sono parole per poter esprimere il dolore che sento per tutte le vittime innocenti di questo disastro! voglio esprimere la mia solidarietà al dolore che tante persone stanno vivendo in questo triste giorno. Non si può morire per una ragione simile (errore umano o poco investimento per la sicurezza sul lavoro?)………. comunque sia, è morta tanta gente e chissà che sarà della vita dei sopravvissuti !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! dolore, tanto dolore