Erosione costiera

Perché rischiamo che le nostre spiagge scompaiano in questo secolo

La Redazione
Erosione delle coste
All'emergenza ambientale si aggiunge poi la minaccia della criminalità organizzata che monopolizza l'estrazione di questa risorsa in diversi angoli del mondo
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L’estate è ormai alle porte e sembranonesserci tutti i presupposti per bissare il record di turisti balneari del 2017n- anno in cui ben 90 milioni di visitatori da tutto il mondo hanno passato lenvacanze estive sulle coste italiane.n

Che questo tipo di turismo sia fondamentalenper l’economia del paese è cosa ovvia. Meno scontata è la minaccia che sinaffaccia all’orizzonte e che potrebbe portare all’estinzione delle spiaggenprima del 2100. Può sembrare un allarmismo esagerato ma, a conti fatti, se sinconsidera il ritmo con cui aumentano le migrazioni verso centri urbani enl’immensa mole di calcestruzzo utilizzata da paesi come la Cina (che da solanimpiega circa il 60% della produzione mondiale di cemento), la notizia nonndovrebbe trovarci troppo sorpresi.n

Il problema sta anche nell’impossibilità dinutilizzare la sabbia del deserto come aggregante per la formazione delncalcestruzzo (data la sua struttura troppo rotonda), portando i grandinproduttori ad estrarre sabbia marina. Per questo motivo anche Dubai, in pienondeserto, deve importare sabbia dall’Australia per arricchire il proprionskyline.n

Il pianeta però non riesce a sopperire alnfabbisogno di sabbia che il settore edile richiede, specie se si tiene contonche un granello di sabbia impiega dai 100 ai 1000 anni per arrivare dalle roccenerose alle coste. All’emergenza ambientale si aggiunge poi la minaccia della criminalitànorganizzata che monopolizza l’estrazione di questa risorsa in diversi angolindel mondo. Solo per citare uno degli innumerevoli casi: lungo il Vasai Creek,nin India, ben 75.000 persone sono sfruttate illegalmente per tuffarsi fino an15 m e ripescare sabbia dal fondale.n

La tendenza a costruire, anche per sfruttarenuna nuova bolla immobiliare, si sta rivelando un vicolo cieco da cui sembrandifficile uscire. Eppure qualcosa si sta muovendo, soprattutto per quantonriguarda l’elaborazione di processi alternativi, capaci di evitare o ridurre alnminimo l’impiego di sabbia a scopo edile.n

In tempi recenti due francesi hannonbrevettato un sistema per impiegare l’argilla al posto del calcestruzzo, senzanbisogno di cottura. Anche vetro (soprattutto i frantumi più piccoli),ncalcestruzzo riciclato e terra battuta (fondamentale nella tecnica costruttivandel pisé) sembrano poter fornire delle soluzioni che, se non eradicano ilnproblema, tentano per lo meno di lenirne gli effetti nocivi.n

La strada è in salita ma la speranza è chenuna maggior presa di coscienza del problema possa spronare chiunque siancoinvolto a trovare una soluzione in tempi brevi.n

Sand Scarcityn

Fonti e dati: TradeMachinesn

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giovedì 26 Aprile 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 15:23)

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