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Un coratino che “costruisce” elicotteri russi, l’intervista ad Antonio Di Gennaro

La Redazione
Antonio Di Gennaro ed il suo bimbo
«​Sono della mitica classe '79​ ed ho frequentato le scuole a Corato dall'infanzia fino alle medie. Per le superiori mi sono spostato al liceo "Orazio Tedone" di Ruvo e poi a Torino, per l'università»
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Un altro coratino che “finisce” sul Corriere della sera, per l’orgoglio per la nostra città. È Antonio Di Gennaro, come lui stesso conferma ai nostri microfoni, appartiene «alle truppe di studenti pugliesi che negli anni di sono spostati al nord» per studiare.

«Sono della mitica classe ’79 – racconta – ed ho frequentato le scuole a Corato dall’infanzia fino alle medie. Poi mi sono spostato presso la “succursale fuori porta” delle scuole coratine, il liceo “Orazio Tedone” di Ruvo.

Il Corriere ha dedicato un trafiletto a Di Gennaro perché è uno tra gli allievi del “Collegio Einaudi” di Torino che può dire di aver raggiunto importanti traguardi nella carriera professionale.

Perché, all’epoca, scelse quel percorso di studi?
«Dopo il liceo desideravo seguire il corso di ingegneria gestionale: avevo già capito che avrei voluto occuparmi di gestione di realtà industriali, ero orientato verso il Politecnico di Torino.

In uno dei quei momenti “alla sliding doors” della vita, prima di prendere il treno per Torino per l’esame di ammissione, decisi di andare in vespetta al Liceo per un rapido saluto ai luoghi che mi avevano accompagnato per cinque anni. Sull’uscio del liceo vidi un volantino che chissà per quale motivo era finito lì. Era il modulo di ammissione ad un tale “Collegio Einaudi” di Torino. Con il caro amico e compagno di classe Salvatore con cui ci accingevamo a partire per l’esperienza torinese decidemmo di provarci e pochi giorni dopo ci ritrovammo tra i 130 ospiti della sezione Valentino dell’Einaudi a Torino.

Ho avuto la fortuna di passare lì cinque splendidi anni che hanno accompagnato il mio percorso di aspirante ingegnere al Politecnico.

Il Collegio è stato una culla. Dalla sua istituzione ha favorito per me e per svariate migliaia di giovani l’inserimento nella grande città. E un terreno fertile per lo scambio di idee, consigli, aiuti nello studio tra aspiranti ingegneri, architetti, medici e dottori delle diverse discipline, nonché per allegre nottate goliardiche in compagnia. Insomma, un luogo protetto per aiutare l’iniziazione alla vera vita da adulto che inizia con il primo lavoro. E poi, leggenda narra che Umberto Eco sia stato proprio nella 123 che mi ha poi ospitato…

Da lì, è il caso di dire, Di Gennaro ha preso il volo. Ha iniziato la sua avventura verso la costruzione degli elicotteri.
Dalla laurea mi sono sempre occupato di finanza aziendale per l’industria aerospaziale. Prima a Torino con frequenti puntate in giro per il mondo e poi a Mosca in pianta stabile per un progetto di cooperazione tra le industrie aeronautiche italiana e russa.

Nel 2013, avendo imparato ormai bene la lingua russa, ho avuto l’opportunità di cambiare lavoro, pur rimanendo nella splendida città di Mosca: lì è avvenuto l’incontro con il magico mondo degli elicotteri. Quella che è una notissima azienda italiana, tra le più affermate nel settore a livello mondiale, ha deciso di aprire uno stabilimento produttivo e centro di servizio per la flotta a marchio volante in Russia, in cooperazione con il più grande produttore russo. E dallo start-up sono stato il Cfo della Joint Venture, per poi diventare responsabile della produzione e del post-vendita.

Oggi? Di cosa si occupa?
Ho abitato a Mosca fino allo scorso marzo. Ad aprile mi sono trasferito a lavorare in Polonia per un’altra azienda del gruppo. Ora sono lì in qualità di Cfo e consigliere di amministrazione: per me è iniziata una sfida davvero impegnativa.

Sono entrato in una realtà importante per dimensioni, che impiega oltre 3mila dipendenti nello stabilimento polacco che produce gran parte delle fusoliere per la flotta mondiale a marchio Aw. Anche se prodotto in Polonia, quello realizzato è frutto esclusivamente ed orgogliosamente di design e tecnologia italiana. Non a caso all’entrata dello stabilimento, insieme a quella polacca, sventola forte la bandiera italiana sul cielo di Lublino.

Era il lavoro dei suoi sogni?
Esiste il lavoro dei sogni? Dubito. Di fatto questo è un lavoro che mi piace tanto, mi ritengo molto fortunato.

Le manca la Russia?
Non l’ho ancora abbandonata del tutto. Tutti i weekend torno a Mosca a trovare mia moglie Natasha e mio figlio Stanislav, sono ancora lì ma tra un po’ mi raggiungeranno definitivamente.

Sono anche riuscito a vedere dal vivo qualche partita del mondiale di calcio. Anche se non c’era l’Italia, a mio parere è stato il mondiale più bello di sempre.

Torna spesso a Corato? Come la trova?
Purtroppo, mio malgrado, sono a Corato abbastanza di rado data la distanza. Il paese natio rimane sempre la Casa, vi abitano i miei genitori, sorella, zii, cugini e tutti i carissimi amici dell’infanzia e delle scuole. E si sa che gli amici più veri sono sempre i primi.

A dire il vero mi sembra che Corato cambi molto lentamente, a differenza di quello che accade nel resto del mondo. Ma questo, in generale, è un problema più italiano che locale. La causa di questo andamento credo sia nel fatto che il nostro stia diventando un Paese troppo anziano.

domenica 22 Luglio 2018

(modifica il 22 Luglio 2022, 11:34)

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