L'iniziativa

Una partita di calcio con gli occhi bendati, provare per credere

La Redazione
Una partita di calcio con gli occhi bendati
L'appuntamento inserito nel programma di "Corahabilis" è stata un'ottima occasione per comprendere come un non vedente vive una delle attività più comuni, una partita di calcio a cinque
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Provare per credere. Forse si può riassumere anche in queste tre parole il senso del pomeriggio di ieri vissuto al campo sportivo di Corato. L’appuntamento inserito nel programma di “Corahabilis” è stata un’ottima occasione per comprendere come un non vedente vive una delle attività più comuni, una partita di calcio a cinque.

In campo tutti uomini: la squadra dell’Asd Uic Bari e una rappresentativa del Corato Calcio insieme al consigliere Franco Caputo che ha accolto l’invito rivolto ai politici locali. A bordo campo gli assessori Rosito e Nesta che, rispettivamente, si occupano di politiche sociali e sport: è grazie alla loro collaborazione con la sezione locale dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uici) che l’iniziativa è stata organizzata.

L’Asd Uic Bari è una realtà consolidata nello sport per non vedenti soprattutto nel calcio a 5: da circa 10 anni partecipa al campionato italiano di disciplina e alle varie competizioni nazionali. Diversi dei suoi atleti fanno parte della nazionale italiana che recentemente ha partecipato ai campionati europei.

È una delle discipline paraolimpiche e si gioca su un normale campo da calcio a 5: com’è stato anche ieri, i portieri sono vedenti e dietro la porta avversaria vi è una guida che indica agli attaccanti la posizione della porta per facilitare l’orientamento. La palla contiene dei sonagli che la rendono più facilmente individuabile.

Inutile dire che i migliori in campo sono stati i non vedenti: «era ovvio – commenta Luigi D’Onofrio dell’Uici – perché, a parte il calcio, noi siamo abituati a vivere ogni attimo della nostra vita senza l’ausilio degli occhi. Possiamo essere agili anche nel gioco, come avete visto.

Per questo apprezziamo il grande sforzo che ha fatto chi è sceso in campo con noi indossando delle bende. Siamo certi che il gesto più spontaneo era quello di toglierle: il desiderio di tornare a vedere è innato. Chi ha giocato con noi ha avuto prima di tutto difficoltà ad orientarsi, la prima fase di adattamento non è stata semplice».

Di sicuro un’esperienza che avvicina le persone, che aiuta a comprendere vite speciali e – magari – apre il cuore a nuove esperienze e azioni concrete di civiltà.

domenica 1 Ottobre 2017

(modifica il 23 Luglio 2022, 3:19)

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