L’intervista

Da Corato a Shanghai. Federica Buonsante «tra bimbi e arte pubblica, col metodo Montessori»

La Redazione
Da Corato a Shanghai con Federica Buonsante: «Tra bimbi e arte pubblica
«Stare con i bambini di un'altra cultura così distante dalla nostra mi nutre profondamente. Spesso dimentichiamo che la felicità è nelle connessioni autentiche che riusciamo a creare» racconta
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Ci hanno colpito le sue foto, tra i bimbi di Shanghai. I suoi studi per l’arte pubblica, quella sconosciuta. Da qui è nata l’intervista a Federica Buonsante, una giovane coratina a Shanghai.
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Cosa fai lì?
«La mia vita a Shanghai si alterna tra studio e lavoro. Oltre alla ricerca per la mia tesi di dottorato, lavoro come ricercatrice per l’Ipa Insititute for Public Art, è un’organizzazione internazionale di ricercatori e professionisti che valuta, discute e supporta l’eccellenza del place-making delle pratiche di arte pubblica. Lavoro inoltre come insegnante presso un asilo Montessori Peace Education, nel distretto Baoshan, Shanghai. Tutte le volte che riesco mi dedico anche al mio blog personale, thebabelharbinger.com».n

«Il mio percorso formativo, inizia con il teatro. Lo metto tra virgolette perché l’accezione di “Teatro” non fa riferimento ad un logo fisico ma mentale, teatro come un luogo di scambio di energie. Ho iniziato il mio percorso con Francesco Martinelli durante le scuole medie e superiori. Poi ho frequentato un anno accademico presso, Itaca sotto la guida di Christian di Domenico. Dopo un anno ho lasciato a malincuore: le prospettive lavorative da attore non mi convincevano affatto.n

A soli 26 anni ha già un ricco percorso di studi…
Ho iniziato l’università, indirizzo lingue e culture moderne, cinese ed inglese. Ho frequentato un semestre di studio a Chengdu, Sichuan, per un corso intensivo di lingua cinese all’università normale dei Sichuan. Dopo la laurea triennale e un anno di studio-lavoro a Londra, sono stata ammessa alla Ucc, Rep. d’Irlanda per un Master of Art in Cultura Cinese Contemporanea. Durante il master ho seguito un altro corso di lingua cinese avanzato all’Università di Shanghai. Verso la fine del master degree, ho ottenuto una borsa di studio governativa per un Ph.D (equivalente al nostro dottorato di ricerca) in Arte Pubblica presso la Shanghai Academy of Fine Arts.n

I miei studi culturali continuano. Si focalizzano con approccio comparativo allo sviluppo dell’arte pubblica partecipativa – una forma artistica al confine tra arte ed educazione – per intenderci tra Sud Italia e Sud della Cina. Adesso che mi ci fai pensare ammetto che non avrei mai detto che sarei diventate una studiosa. Ricordo che non mi è mai piaciuto studiare: studiavo senza peso solo quello che mi piaceva».n

Sulla tua pagina parli metodo Montessori. Perché ti appassiona tanto?
«Maria Montessori è stata una donna e medico, che agli inizi del 900 ha rivoluzionato la pedagogia infantile mondiale. La sua pedagogia è stata la prima ad utilizzare un approccio scientifico rispetto all’educazione infantile. Ad oggi si contano circa 8mila scuole in tutto il mondo che utilizzano la pedagogia Montessori. In breve, secondo la Montessori il bambino nei suoi prima anni di vita alterna momenti di osservazione, in cui assorbe le impressioni che percepisce, e periodi sensitivi in cui concentra tutta la sua energia nell’interagire con il mondo che lo circonda. In altre parole è in grado pensare con i sensi, permette di assorbire le informazioni più velocemente, di essere più sensibile rispetto a ciò che lo circonda.n

Il ruolo dell’educatore Montessori è perciò quello di osservare scientificamente, e studiare il bambino individualmente, relazionarsi senza gerarchie, presentargli il contenuto, e guidarlo – e non obbligarlo – verso l’esperienza dell’apprendimento.n

È solo con l’apprendimento spontaneo che il bambino riesce a sviluppare le sue competenze. In un ambiente aperto e privo di costrizioni, può scegliere autonomamente l’attività che più gli piace e viverla come un mezzo di formazione. Questo metodo non conosce né ricompense né punizioni, ma solo incoraggiamenti. Infatti le scuole che utilizzano questo metodo dispongono di classi grandi e luminose, ed utilizzano dei giochi di legno – disegnati dalla stessa Montessori – che sono sempre di facile accesso per il bambino».n

I bimbi di Shanghai sembrano essere il cuore dell’esperienza lì…
«Più che il cuore direi che sono l’anima della mia esperienza qui. In Cina non è difficile trovare lavoro come insegnate, potrebbe sembrare una cosa scontata per chi c’è stato. In realtà per me non lo è.n

Relazionarmi con i bambini di un’altra cultura, così distante dalla nostra, in un ambiente così aperto e favorevole allo scambio, mi nutre profondamente e nuovamente. È davvero un’occasione per crescere e riflettere sul senso delle cose. Siamo sempre presi da mille preoccupazioni e ci dimentichiamo che la felicità è nelle connessioni autentiche che riusciamo a creare. Lavorare con i bambini mi fa sentire più leggera, il mio bambino interiore mi ringrazia: sento che faccio qualcosa di buono anche per me. Poi il metodo Montessori in Cina? Chi l’avrebbe mai detto. Per me è stata una scoperta ed anche una consolazione».n

E poi c’è l’arte pubblica…
«Nella sua accezione più remota e comune fa rifermento a oggetti artistici (le sculture, per esempio) che hanno lo scopo di abbellire lo spazio urbano, quello “pubblico”. Con il tempo questa definizione si è ampliata. L’arte pubblica contemporanea fa riferimento a pratiche artistiche, ad azioni artistiche che mirano non solo a modificare lo spazio fisico di una città, ma anche quello mentale. In altre parole cambia il modo in cui pensiamo e percepiamo la realtà che ci circonda. L’azione artistica diventa il mezzo utilizzato per comunicare dei messaggi importanti, per richiamare l’attenzione su delle tematiche sensibili per la comunità, offrendo spunti di riflessione. Perciò è al confine tra arte ed educazione. L’arte partecipativa è un ramo dell’arte contemporanea, che studia e indaga la relazione tra oggetto artistico e i suoi fruitori. In parole povere la vera opera d’arte sta nelle connessione, nella relazione che si crea tra oggetto e le persone. L’opera è la relazione. Perciò sia l’artista che il pubblico sono responsabili allo stesso modo della buona riuscita di un’opera».n

Il mio studio prende in esami diversi casi di studio tra Sud italia e Cina e ne valuta la natura partecipativa. «Come è cambiata la percezione da quando è arrivata l’arte pubblica in un determinato contesto? In che modo gli abitanti sono chiamati a partecipare? In cosa consiste la loro partecipazione e come può essere incentivata? Queste sono i quesiti che mi pongo quando indago sul valore di un’opera di arte pubblica partecipativa. Italia e Cina mi sembrano interessanti perché entrambi condividono una forte identità culturale. Quindi sarebbe interessante vedere come la tradizione culturale si fonde a queste nuove forme d’espressione».n

Se diciamo “Arte pubblica e/a Corato”, cosa rispondi?
«Un esempio pratico di arte pubblica, che tutta la comunità Coratina sicuramente conosce, è l’azione portata avanti da “Verso Sud”, il festival curato dall’associazione Lavorare Stanca di Maroccini e Piccarreta. Verso Sud ha cambiato/sta cambiando il modo di relazionarci alla nostra città. Ha cambiato il nostro modo di vedere e vivere la città, generando azioni e reazioni, dibatti e riflessioni dalla prima edizione. Penso a “Bocca di Rosa” di Rizek, l’opera rimossa dall’Abbazia; o il murale di Gomez in Piazza Di Vagno, per cui si è dovuti ricorrere alla petizione su change.org affinchè l’opera rimanesse intatta. “Verso sud” ha modificato l’immaginario collettivo legato alla città, ha chiamato i cittadini a riappropriarsi di spazi fino a quel momento ignorati o abbandonati, ed episodi come quelli appena citati ne sono la piena testimonianza».n

Hai cominciato a viaggiare da giovanissima. Questo ti ha cambiata?
«È cambiata la percezione che ho del mondo e di me stessa. Viaggiare mi ha resa più umana, più umile, e forse più intelligente. Mi sono resa conto che, ci sono cose che vanno oltre le differenze culturali, che accomunano tutti gli esseri umani, indistintamente. Per esempio, le capacità di provare emozioni e la necessità di connetterci gli uni agli altri, sono le stesse da Oriente ad Occidente. Tutti amiamo la famiglia, il buon cibo, la buona cucina (tutti amano l’Italia). Abbiamo tutti le stesse paure fondamentali, a tutti piacciono la musica, i colori. A tutti manca il paese d’origine. Viaggiare mi ha aiutata a conoscermi meglio ed accettarmi per quella che sono. Ha consolidato aspetti della mia personalità che a Corato avrei represso: vivere in realtà cittadine così piccole in genere lascia poco spazio all’immaginazione e alla diversità mentre io sento di aver bisogno di entrambe le cose per essere me stessa. Credo di essere sempre stata predisposta all’esplorazione: mia madre spesso mi ricorda che ho imparato a camminare a 9 mesi e che ogni tanto da piccola sparivo da casa, letteralmente».n

Perchè Shanghai? da dove nasce l’interesse per la città?
«Sono capitata qui quasi per caso, all’inizio volevo andare a Pechino. Dovevo fare un corso di lingua avanzato per terminare il master alla Ucc e non avevo molta scelta, il college aveva già contatti con l’Univeirsità di Shanghai. Adesso sono contenta di essere a Shanghai, la sua natura un po’ mi rispecchia. È una città dinamica che ha saputo fare della diversità il suo punto forte. Ha una storia coloniale che risale agli inizi del novecento; è ancora la metropoli cinese più internazionale (una comunità di circa 300mila stranieri) e tra le più grandi (26 milioni di abitanti) ed avanzate tecnologicamente».n

Da quanto non vivi più a Corato? Fino a quando resterai lì?
«Non vivo a casa dal 2011. Sicuramente sarò qui fin quando non avrò finito il percorso accademico, e fin quando non avrò riempito il mio bagaglio esperienziale – di souvenir freschi e diversi – da portare nel mio territorio. Probabilmente sentirò quando sarà il momento di tornare a casa. Quando si dice: “casa è dove si lascia il cuore”. Non c’è niente di più vero. Il posto più bello del mondo è ancora a Corato, casa mia».

domenica 24 Settembre 2017

(modifica il 23 Luglio 2022, 3:59)

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Tina mascolinunzi
Tina mascolinunzi
6 anni fa

Federica sei grande e ti auguro di mietere sempre più successi!!!!

Maria Strippoli
Maria Strippoli
6 anni fa

In bocca al lupo per tutti i tuoi progetti.
Sei un bell'esemplo per la nostra comunita' e per il mondo giovanile, che spesso si rinchiude in una vita senza senso.

Un Coratino
Un Coratino
6 anni fa

La semplicità che travolge l'anima.
Complimenti e avanti così!

 "salvatore di gennaro"
"salvatore di gennaro"
6 anni fa

Il “metodo Montessori”, basato sulla funzione, da parte dell'insegnante, di attento ed attivo “osservatore” e sul far seguire al discepolo, rispettando certe regole, la sua libera predisposizione, anche con l'ausilio di particolari mezzi didattici, ha avuto largo successo in altri Paesi del mondo, ma non tanto in Italia: a fronte di 4500 scuole in America, 800 in Inghilterra, 1100 in Germania e addirittura un terzo nei Paesi Bassi, da noi esistono circa 200 istituti, localizzati per lo più nelle Marche e in Umbria. Alla base di un tale non confortante risultato vi sono due motivi: è richiesto, nei genitori, un certo livello culturale per poter interagire con l'insegnante; gli stessi genitori devono diventare consapevoli ed intelligenti “alleati” dei maestri, e non “complici” dei figli.

 "salvatore di gennaro"
"salvatore di gennaro"
6 anni fa

Gentile Federica, se, ma non pretendo tanto, ti capita di leggere i miei numerosi interventi, avrai notato come io predichi sempre l'insegnamento dell'educazione nelle scuole di base, come materia principale. La mia breve esperienza di professore di supporto, infatti, mi ha fatto capire che la scuola è rimasta l' unico centro educativo, essendosi la famiglia letteralmente “vaporizzata”, ridotta ormai a ruolo di comodo “supporto logistico”. Se poi i docenti pensano che insegnare l'analisi logica o un sistema di secondo grado, sia più importante che formare il “cittadino”, li invidio, per la fermezza che dimostrano nel credere ciò. Anche nella politica cerco continuamente di spronare il latitante e sonnacchioso mezzogiorno: posso sempre comportarmi da “Don Chisciotte”?