Perché l’estate non è solo vacanza, campagna, mare, montagna, passeggiate e cene tra amici. Per alcuni è la stagione di lavoro più intensa, ricca di esperienze. Per questo nasce “L’estate di…”, una serie di interviste pensate per raccontare quelle storie a cui spesso non si pensa e che, invece, più di altre sono la testimonianza della nostra terra.
Iniziamo con Egidio Graziano Tarricone
Classe 1996, da quattro anni è diventato il titolare dell’azienda di famiglia: l’ha chiamata “LuminArt style”, realizza gli allestimenti con le luminarie per feste di paese o – da qualche anno – per ricorrenze private. Oltre che per la sua azienda si è fatto notare in città anche per la sua presenza costante nelle sfilate di carnevale, tra i gruppi in concorso, e per la sua passione per la danza. Un giovane coratino pieno di voglia di vivere ma anche dedito al lavoro, con il ricordo sempre vivo degli insegnamenti di suo nonno: «è stato il primo a portare a Corato i lumini a gas per la festa patronale».
Com’è la tua giornata tipo?
«Quando i miei amici tornano a casa dalle feste in spiaggia io inizio, o smetto, di lavorare». Quella di Egidio è un’attività che molto spesso inizia di notte: «esco di casa alle 3, a volte non dormo proprio. Quando dobbiamo andare ad allestire in paesi distanti da Corato partiamo molto presto per evitare di rimanere tante ore sotto il sole.
Dopo aver ricontrollato il materiale da portare via è immancabile la colazione al bar con mio fratello Vincenzo e i nostri operai. Ci serve per fare il punto sulla situazione e darci la carica per affrontare la giornata di lavoro. Non nascondo che, arrivati a destinazione, un altro caffè ci sta tutto: come potremmo farne a meno alle 5.30 del mattino?
Da quel momento in poi si inizia ad allestire: prima i pali, poi le strutture più alte e solo alla fine gli impianti elettrici. Quando dobbiamo smontare il lavoro si fa esattamente al contrario, partiamo dall’alto per arrivare alla base. Seguiamo gli insegnamenti di nostro nonno: massima cura dei dettagli. A volte, per le feste patronali più importanti, possono servire anche due o tre giorni per realizzare l’intero allestimento. Non sempre riusciamo a tornare a casa: a volte restiamo a dormire lì dove stiamo lavorando.
Per il resto delle giornate, quando siamo nel nostro capannone, realizziamo le strutture in legno. Ogni anno ne inventiamo di nuovo: le luminarie sono delle vere e proprie creazioni artistiche, opere di artigiani».
Com’è nata la vostra azienda?
«Mio nonno, Vincenzo, era un elettricista. Ben presto la città si innamorò delle coreografie di luce che riusciva a realizzare e per questo decise di avviare una attività in proprio.
Per anni ha garantito il lavoro anche a squadre di 20-30 operai, è diventato Cavaliere del lavoro e gli sono state assegnate numerose medaglie: prima la riuscita della festa patronale era fondamentale nei paesi e le luminarie giocavano un ruolo indispensabile. Le deputazioni lo premiavano nelle giornate di festa più importanti facendolo salire sulla cassa armonica che lui stesso aveva realizzato».
Cos’è cambiato?
«Tutto. Forse è più semplice dire cosa è rimasto.
Oggi le luminarie devono essere “coreografie”, ai tempi del nonno erano luce: il simbolo della presenza del Santo nella città. Prima dominava il bianco, oggi in gran parte le lampadine sono colorate: su una fornitura da 20mila elementi oggi solo 5mila sono di colore bianco.
Un tempo “accendere i paesi” era un vero e proprio rito: a chi svolgeva questo compito venivano conferiti onori e meriti. Guai a non aver cura degli operai e del titolare che installava le luminarie. Le confraternite facevano a gara nell’offrire caffè, panini e bibite fresche a metà giornata, alloggi dignitosi, pranzi, cene, pagamenti extra. Da una festa patronale si portavano a casa anche 50 milioni di lire.
Oggi di tutto questo non è rimasto nulla: porto con me 5-6 operai, quasi sempre provvedo io stesso anche al vitto e all’alloggio.
E poi le luminarie non sono più “estate”: ormai si fanno allestimenti tutto l’anno. Oltre al Natale ci sono le feste minori, magari di quartiere, e poi quelle private: ormai va di moda nei matrimoni, di recente ne abbiamo allestito uno a Matera».
E poi c’era la “macchina di San Cataldo”…
«È solo un ricordo, purtroppo. Era quasi “un tempio”: i coratini passavano da lì per una preghiera al Santo prima di fare “il giro del corso”. Per questo le luminarie creavano un tunnel che conduceva ai piedi del Patrono: la gente ogni anno aspettava di sapere come sarebbe stata realizzata. Oggi si è perso anche questo. Sono anni che la mia azienda non lavora più per San Cataldo, sebbene io mi sia anche proposto.
L’anno scorso abbiamo realizzato l’allestimento per la Madonna del pozzo e ho cercato proprio di riprendere quella filosofia del percorso sotto le arcate di luce. Devo dire che c’è stato un ottimo riscontro da parte della popolazione.
A farmi andare avanti con entusiasmo, devo ammetterlo, è anche il senso che do al mio lavoro: vivo la mia cristianità, la devozione nei confronti dei Santi, e questo arricchisce di significato ed energia le mie giornate».
Oggi c’è “Assaprà”
«Sì, a Corato, sulla Murgia per di più. È una manifestazione che ogni anno mi permette di far “rivivere” una delle tre gemelle: l’ultima cassa armonica che mi è rimasta, costruita da mio nonno insieme ad un fabbro del paese. Porta con se tanti ricordi: in passato, per paura che qualcuno la danneggiasse, gli operai passavano la notte proprio sotto la cassa armonica. Dormivano lì, si creava quasi una stanza sotto il palco circolare. Purtroppo le altre due “gemelle” sono state vendute.
Io ho fatto un investimento importante per rimettere a nuovo quella che “accendo” per “Assaprà” e presto realizzerò una targa per intitolarla a mio nonno».
Complimenti signor Tarricone, Corato ha bisogno di persone volenterose come lei
E' raro trovare, oggi, in un ragazzo di vent'anni, una tale sensibilità. Sembrano le parole di un vecchio nostalgico, tutto famiglia e lavoro e, proprio perchè pronunciate da un giovane, perdono del tutto quel leggero sentore di stantio che caratterizza invece quelle stesse frasi, se riferite da un anziano. Nell'impiego pubblico si può ancora trovare, in chi lo esercita, un po' di lena e volontà: ma solo nel privato si nota sicuramente anche quell'entusiasmo nel lavoro, del quale Egidio è un validissimo esempio. E questo avviene perchè non si è riusciti ad inculcare nella gente, in settant'anni di repubblica, il “senso dello Stato e la dedizione per esso”.