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Chi ha disegnato il busto argenteo di San Cataldo? Una nuova ipotesi

Valeria Diaferia
Chi ha disegnato il busto argenteo di San Cataldo? Una nuova ipotesi
L'ipotesi sostenuta da Michele Pellegrino mira a ricostruire le tracce che pongono un artista accanto al nome dell'argentiere Costanzo Mellito
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Ci sono «nuove prospettive di ricerca» rispetto al busto argenteo di San Cataldo. Sabato sera l’associazione IFinApulia, rappresentata da Roberto D’Introno e Giorgia Floro, ne ha parlato nella sala conferenze dell’11esima fiera di San Cataldo, durante un incontro organizzato in collaborazione con la società cooperativa Sistema Museo.

L’ipotesi sostenuta da Michele Pellegrino mira a ricostruire le tracce che pongono accanto al nome dell’argentiere Costanzo Mellito, il nome di Giuseppe Sanmartino cui attribuisce la paternità del disegno del busto del Santo Patrono di Corato.

L’ipotesi di ricerca
La spiegazione di Pellegrino comincia con una doverosa serie di riflessioni sul personaggio di San Cataldo «perno fondamentale della cristianità occidentale. La difficoltà nel reperire notizie storiche sul suo conto deriva proprio dalla larga diffusione di leggende».

Un esempio è proprio la sua apparizione nel 1483 ad un contadino coratino a cui promise di liberare la nostra città dalla peste in cambio di una chiesa a lui dedicata.

Ma a Corato passarono ben due secoli prima che la devozione al Santo prendesse piede. Solo nel 1681 San Cataldo divenne patrono ufficiale, gli fu dedicata una prima statua dai cittadini devoti. Pare che questa statua non fosse di argento pregiato e per questo se ne fece fare una seconda.

Di qui in poi la ricerca si fa misteriosa
La seconda statua fu realizzata tra il 1771 e il 1772 dall’argentiere napoletano Costanzo Mellito. All’epoca queste statue erano realizzate attraverso la collaborazione di un argentiere ed un artista. Chi ha realizzato quindi il disegno?

«Il nome di Giuseppe Sanmartino non è un caso fortuito» spiega Pellegrino. È uno dei rappresentanti più importanti della scultura marmorea del 700 napoletano, conosciuto per il “Cristo Velato”, ha lasciato molte testimonianze del suo cammino in particolar modo in Puglia. Città come Foggia, Monopoli, Martina Franca e Taranto conservano la maggior parte delle sue opere: «importanti per la mia ricerca sono due opere progettate da Sanmartino e realizzate da argentieri diversi: il San Sabino del 1768 di Canosa e la statua di San Rocco di Ruvo di Puglia del 1793. Corato è al centro tra due città che nell’arco di vent’anni si sono rivolte ad artisti napoletani e in particolare alla figura di Sanmartino. Corato, all’epoca come adesso, vanta una posizione centrale: la mia ipotesi è quindi probabile ma ancora tutta da dimostrare».

Le fonti
«In mano abbiamo davvero poco – afferma Pellegrino – solitamente nei documenti storici accanto all’atto era sempre conservato anche il progetto. Chi in passato ha consultato quei documenti presenti all’interno dell’archivio della chiesa Matrice, attualmente non consultabili, ha avuto modo di constatare l’assenza del disegno.

Anche sull’argentiere non abbiamo molte informazioni tranne altre opere e busti presenti sempre nel sud Italia. Abbiamo bisogno dell’apertura degli archivi storici della città e del confronto con quelli presenti nella città di Napoli».

La ricerca di Pellegrino è iniziata sui banchi universitari: nel 2015, frequentando il corso di “storia delle arti in età moderna” si è appassionato a quell’arte definita “minore” come la scultura argentea e marmorea. Il suo sguardo si è spostato sulla cultura che da sempre lo circondava, quella coratina, quella argentea del busto di San Cataldo.

«Vorrei chiudere il cerchio, far luce sui collegamenti che legano la nostra città ad un contesto di più largo respiro, ad un contesto artistico nazionale da cui la nostra storia locale non è distaccata – dichiara – Spero di avere la possibilità di continuare la mia ricerca, di riuscire a trovare quelle tessere in più per completare quello che è il mosaico storico-artistico della nostra città che attualmente manca».

Una ricerca a cui Roberto D’introno e Giorgia Floro, con IFinApulia, vogliono assicurare il proprio appoggio. Il loro ringraziamento è andato anche all’amministrazione comunale che «in una fiera di stampo prettamente economico ha voluto accogliere anche una manifestazione culturale» oltre che dei pannelli in grado di testimoniare le ricerche effettuate.

Presente alla conferenza anche Marilina Torelli, responsabile per la cooperativa Sistema Museo: «ho subito accettato l’invito che mi è stato proposto dai ragazzi di IFinApulia – commenta – visto che nel vecchio carcere abbiamo ospitato il cantiere per il restauro del busto argenteo realizzato grazie ad un progetto di alternanza scuola lavoro con i ragazzi del liceo classico “Oriani” seguiti dalla professoressa di storia dell’arte Chiara Capozza».

lunedì 22 Maggio 2017

(modifica il 23 Luglio 2022, 10:10)

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