L'intervista

“Una furtiva lagrima” da standing ovation, Aldo Caputo alla Carnegie Hall di New York

La Redazione
close
"Una furtiva lagrima" da standing ovation
«È un'emozione che fa tremare le ginocchia a tutti i musicisti» ammette il tenore coratino Aldo Caputo, tra i protagonisti del Velia Festival
1 commento 1928

La Carnegie Hall, il luogo più famoso in cui si svolgono concerti a New York, mercoledì scorso ha regalato un bagno di folla al tenore coratino Aldo Caputo, tra i protagonisti del Velia Festival diretto dal maestro Marco Schiavo.

nn

«La partecipazione del pubblico di matrice internazionale è stata fantastica. Ci sono state standing ovation durante la sua performance e ovviamente alla fine. L’entusiasmo del pubblico ha confermato quanto l'eccellenza italiana trovi consenso nella grande mela» scrive Antonella Ricco, vice presidente di “I Like Puglia International”, che ha assistito al concerto. «La nostra – precisa – è un’associazione di pugliesi nata da poco che ha sede a New York e Bari: possiamo dirci orgogliosi di Aldo Caputo».

nn

«È stato veramente bellissimo. Con il pubblico attento, partecipe, appassionato. Sono certa che questa sia solo la prima volta di Aldo al Carnegie Hall». Ad esprimersi in questi termini è Tiziana Rinaldi Castro: lei è di Salerno ma vive a New York da 33 anni, docente della Montclair State University nonché scrittrice di romanzi.

nn

«Cosa si prova?» lo abbiamo chiesto direttamente ad Aldo Caputo, che ci ha raccontato in prima persona l’esperienza alla Carnegie.

nn

«È un’emozione che fa tremare le ginocchia a tutti i musicisti» ammette Caputo. «La Carnegie Hall è il luogo di approdo delle carriere più importanti. Fu costruita nel 1890 da Andrew Carnegie da cui prende il nome, vicinissima a Central Park, nel cuore di Manhattan. È un luogo magico, qui i newyorkesi appassionati di musica sanno di non essere mai delusi: una grande responsabilità per chi sale sul palco».

nn

Come dargli torto visto che i più grandi nomi della musica si sono esibiti alla Carnegie Hall: Rachmaninoff, Maria Callas e Luciano Pavarotti, giusto per citarne alcuni. Non solo musica classica: anche famosi artisti jazz come Miles Davis, Billie Holiday ed Ella Fitzgerald. E poi ancora i Beatles, i Rolling Stones, Frank Sinatra, Bob Dylan, Josephine Baker, Stevie Wonder, David Bowie o Nat King Cole.

nn

Dalle immagini appare un luogo “senza fronzoli”
n«Esatto. Qui i decori cedono il posto all’acustica, vera regina della sala: è la migliore che io abbia mai sentito, dello stesso livello c’è solo la Filarmonica di San Pietroburgo. Dalla prima all’ultima poltrona la musica e le voci arrivano alla stessa maniera».

nn

Sembra che il pubblico abbia giocato un ruolo importante nella riuscita del concerto.

nn

«Fondamentale. In ogni Paese del mondo il pubblico è diverso: quello di New York è unico nel suo genere, non si fa problemi ad esprimere tanto l’apprezzamento quanto il disappunto. Mentre gli asiatici sono molto composti, gli americani urlano, sono quelli del tifo da stadio. I newyorkesi sono viscerali, se entri nei loro cuori te ne accorgi, danno una grande carica di autostima agli artisti. Proprio per questo la Carnegie mi spaventava più di ogni cosa, è il luogo degli intenditori, ci va chi è assetato di musica.

nn

Durante il concerto di mercoledì ho assistito ad un crescendo: all’inizio il pubblico era abbastanza cauto poi, con le arie di “Elisir d’amore” e “Tosca” è realmente impazzito. È diventato travolgente. Una scena mi è rimasta impressa. Nelle prime file c’era una mamma con un bimbo dai capelli riccissimi, poteva avere al massimo 4-5 anni. All’inizio era molto garbato, alla fine anche lui ha cominciato a gridare, quasi come fosse un gioco: ecco a New York il teatro si vive così, in prima persona, a tutte le età. E fino alla fine: quando sono uscito dal camerino, mezz’ora dopo la fine del concerto, ho trovato il pubblico ancora lì ad aspettare in fila per farsi scattare una foto o chiedere un autografo».

nn

Questa è la tua prima volta in America dopo Trump?
n«Sì, e la differenza è evidente. Sono venuto a New York meno di un anno fa e passeggiando nei momenti liberi ho visto una città diversa. In pochi giorni almeno 4 o 5 manifestazioni contro Trump. Qui ho le mie tappe fisse – l'humburger da Landmark a Columbus Circle, il brunch da Sarabeth a Central Park south, l’angolo tra la Fifth e il Rockfeller Center per comprare il NY Times – se un tempo c’erano 2 o 3 poliziotti che si spostavano insieme, ora li si vede camminare a blocchi da 10-15 unità. La situazione è molto seria».

nn

Le prossime tappe in programma?
n«A maggio raggiungo i Solisti veneti a Padova per la “Messa in do minore” di Mozart diretta dal maestro Claudio Scimone. Subito dopo parto per una tournee in Germania tra Francoforte, Monaco e Amburgo. E poi il 20 maggio 2018 torno a New York per un concerto con la Stanford Symphony Orchestra».

n

sabato 18 Marzo 2017

(modifica il 23 Luglio 2022, 14:28)

Notifiche
Notifica di
guest
1 Commento
Vecchi
Nuovi Più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Matteo Maria Ferretti
Matteo Maria Ferretti
7 anni fa

Posso dire per esperienza diretta che questo mestiere è davvero difficile sempre giocato sul filo sottilissimo fatto di equilibri tra pensiero e sentimenti, testa e cuore, tecnica ed anima.
Si può essere buoni o anche ottimi cantanti semplicemente avendo una buona voce ed una buona tecnica…
Ma per essere dei veri artisti occorre molto di più e questa interpretazione mi sembra spiegarlo molto meglio delle mie parole.
Davvero conosco pochi colleghi che possano far piangere o ridere il pubblico senza mai perdere perizia tecnica come sa farlo il Maestro Aldo Caputo.
Grazie per queste emozioni, e grazie per essere come sei, semplicemente Aldo.